«Pareggio, manovra dal 2015»

Fonte: Il Sole 24 Ore

«Occorre decidere presto» su un eventuale stop dell’incremento dell’Iva da luglio e, semmai, «trovare le opportune compensazioni», altrimenti c’è il rischio di sforare il 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Lo ha chiarito ieri il direttore centrale per la ricerca di Bankitalia, Daniele Franco, durante un’audizione. Gli interventi, «non inclusi nelle stime attuali ma necessari», ricorda Franco, sono le missioni all’estero e la Cig. L’Iva, invece, «è già nella legislazione» e il suo stop per il secondo semestre 2013 varrebbe due miliardi. Il dirigente di Bankitalia ha poi ricordato che un altro elemento di incertezza è dato dal fatto che il Def contiene due previsioni a legislazione vigente, relative all’Imu (l’audizione è avvenuta prima che il governo decidesse di sceglierne una, si veda l’articolo sotto): una previsione, infatti, assume che l’Imu sia temporanea, l’altra che sia permanente. Se la configurazione attuale dell’Imu fosse «di natura temporanea, il relativo gettito potrebbe essere escluso dall’indebitamento netto strutturale e dal calcolo dell’aggiustamento conseguito per gli anni 2012-14. Ciò – ha spiegato – avrebbe ripercussioni sulla valutazione che le istituzioni europee e i mercati daranno del percorso di risanamento finanziario dell’Italia». Nell’altro scenario «si evidenzia un peggioramento dei saldi per circa 0,8 punti percentuali del Pil l’anno dal 2015 e, di conseguenza, la necessità di reperire risorse aggiuntive di tale ammontare, per raggiungere gli obiettivi programmati». Occorre dunque dissipare le incertezze sulla stabilità del gettito del sistema di imposizione degli immobili, ha detto Franco. Ma «per mantenere il pareggio di bilancio anche dal 2015 – ha proseguito – sarà necessario introdurre ulteriori correzioni, sia pure di dimensioni limitate rispetto a quanto fatto in passato». L’entità della manovra cumulata sul triennio 15-17 sarebbe dell’ordine di un punto percentuale. 
Più in generale, però, il dirigente di Via Nazionale ha richiamato ieri l’attenzione sul fatto che la pressione fiscale al 44% è «molto elevata» sia a livello storico sia nel confronto internazionale (3 punti sopra i Paesi Ue). Franco ha rilevato quindi che il livello del 44% raggiunto dalla pressione fiscale è il «massimo degli ultimi 50 anni e superiore di circa 3 punti percentuali del Pil alla media degli altri Paesi dell’euro». Inoltre, ha affermato, «l’elevato livello di evasione fiscale rende il carico sui contribuenti onesti ancora più ingente: esso determina distorsioni nell’offerta di fattori produttivi e fenomeni di concorrenza sleale ed è di ostacolo alla crescita della dimensione delle imprese». Un ulteriore elemento di debolezza è «nell’elevato cuneo fiscale gravante sul lavoro che crea disincentivi all’offerta di lavoro e all’attività di impresa». Saranno cruciali, ha proseguito «la riduzione e la redistribuzione del carico tributario, che consentirebbero di limitare le distorsioni dell’attività economica». Per favorire la crescita occorrerà puntare sulla lotta all’evasione fiscale e «sulla riduzione di elevate aliquote di prelievo sul lavoro e sull’attività delle imprese». 
In mattinata sul Def era stato ascoltato il presidente del l’Istat. Enrico Giovannini, che è anche uno dei “saggi” chiamati da Napolitano, ha ricordato come in questo momento il problema più difficile da risolvere si chiami disoccupazione: «La crescita futura non riassorbirà la disoccupazione creata, questo è il problema più ampio per il nostro Paese e l’Europa. Nel l’Eurozona, ha detto, ci sono «25 milioni di disoccupati» che «non si riassorbono con un Pil all’1%». Giovannini ha poi ricordato che la crisi ha profondamente modificato i consumi, sottolineando che il 71% delle famiglie del primo percentile di reddito, cioè la fascia con i livelli di spesa più bassi, ha quasi eliminato le spese per la sanità (visite e indagini cliniche) mantenendo quella incomprimibile per i medicinali; inoltre, queste stesse famiglie hanno tagliano drasticamente la spesa alimentare e tra il 2007 e il 2013 «la quota di famiglie che acquista presso hard discount è quasi raddoppiata, superando il 21% nel 2011».
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