Paletti alle assunzioni aggirabili

Fonte: Italia Oggi

Una direttiva della giunta comunale e provinciale degli enti locali soggetti al patto di stabilità, per superare i vincoli alle assunzioni a tempo determinato scaturenti dalla delibera 46/2011 delle sezioni riunite della Corte dei conti. L’interpretazione fornita dalla magistratura contabile agli effetti dell’articolo 14, comma 9, della legge 122/2010, secondo la quale il limite della spesa per nuove assunzioni, pari al 20% delle cessazioni dell’anno precedente, si applica anche ai rapporti di lavoro a tempo determinato, oltre a non risultare convincente, si presta ad applicazioni discrezionali difficilmente sanzionabili. Tanto che la regola di rigorosità posta dalle sezioni riunite potrebbe risultare tamquam non esset. Somma urgenza e servizi infungibili ed essenziali. La ricostruzione proposta dalle sezioni riunite è, infatti, inficiata dal tentativo di ammorbidire gli effetti eccessivamente restrittivi sull’autonomia organizzativa, derivanti dal comprendere nel limite del 20% anche le assunzioni a tempo determinato. Effetti restrittivi che le stesse sezioni riunite ammettono verificarsi, ritenendo, però, che spetti al legislatore correggere. Tuttavia, la delibera 46/2011, preoccupata del-l’eccessività della tesi proposta, ritiene che non rientrano nel vincolo del 20% le assunzioni a tempo determinato che si rendessero necessarie per assicurare interventi di somma urgenza e per assicurare servizi infungibili ed essenziali. La delibera, tuttavia, non affronta, perché non potrebbe, il problema di individuare quali siano tali servizi «infungibili» ed «essenziali», dei quali manca totalmente nell’ordinamento non solo un’elencazione, ma anche una definizione. Si tratta, infatti, di una fattispecie di «diritto creativo», ripresa dalla circolare 18 novembre 2011, n. 10/122/CR6/C1 della Conferenza delle regioni e delle province autonome: un atto, cioè, privo in modo totale ed assoluto di qualsiasi carattere di fonte normativa ed interpretativa ufficiale e vincolante. Direttive locali. Naturalmente, con questa interpretazione si aprono spazi immensi alla discrezionalità degli enti. Ai quali, soprattutto per l’innesto di diritto nuovo, nulla pare vietare di esercitare una piena funzione di direttiva organizzativa, individuando preventivamente con un provvedimento di giunta i servizi da ritenere infungibili ed essenziali, nell’ambito dei quali è possibile assumere dipendenti a tempo determinato, senza il limite finanziario del 20% della spesa complessiva delle cessazioni di personale dell’anno precedente. In quanto ai servizi essenziali, è possibile fare riferimento all’elencazione dei servizi qualificati appunto come essenziali per comuni e province dalla legge delega sul federalismo fiscale, la 42/2009. Basta che nelle direttive generali della giunta si faccia riferimento alle previsioni contenute nell’articolo 21 della citata legge 42/2009, per individuare una gamma amplissima in cui, secondo le sezioni riunite, è in re ipsa consentita la deroga alla regola del 20%. La somma urgenza, al contrario, va ovviamente di volta in volta dimostrata con i singoli provvedimenti. Forzatura. Il potere che la delibera 46/2011 dà alla discrezionalità delle amministrazioni è di per sé la dimostrazione della forzatura della tesi ivi sostenuta. È piuttosto evidente che l’articolo 14, comma 9, della legge 122/2010, contrariamente a quanto forza a leggere la delibera 46/2011, riferisce il limite della spesa per cessazioni al 20% ai soli rapporti a tempo indeterminato, per una serie fin troppo lunga di ragioni. In primo luogo, si l’articolo 9, comma 28, della legge 122/2010 ha escluso le amministrazioni locali dall’obbligo di ridurre le spese per personale a tempo determinato del 50% rispetto al 2009. Per via interpretativa non è ammesso appesantire addirittura tale onere a carico degli enti locali, minando la loro autonomia organizzativa riconosciuta dalla Costituzione. In secondo luogo, l’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006 qualifica come principio il «contenimento della spesa per il lavoro flessibile»: trattandosi di un principio, non è evidentemente possibile che al tempo stesso l’ordinamento imponga la misura percentuale del contenimento della spesa per il lavoro flessibile.

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