Palermo, la voragine delle partecipate

Fonte: Il Sole 24 Ore

PALERMO – I conti del Comune scricchiolano e fanno traballare la giunta Cammarata, che con il sostegno di Pdl, Popolari d’Italia Domani e Forza del Sud ha dalla sua appena 22 consiglieri contro i 28 dell’opposizione, che aggrega Pd, Mpa, Idv, Sel e Un’altra storia. Nel bilancio di previsione del 2011, che dovrà essere approvato entro il 30 giugno, i trasferimenti correnti dello Stato calano da 394 a 349 milioni, quelli del Cipe scendono a 12 milioni contro i 34 dell’anno precedente, e diminuiscono da 66 a 55 milioni le entrate extratributarie, solo in parte compensate dall’incremento da 218 a 225 milioni di quelle tributarie. Si contraggono, da 848 a 766 milioni, le spese correnti. Il settore della pubblica istruzione subisce il taglio più incisivo, -46%; è ridotta all’osso la spesa sociale, mentre 291 milioni se ne vanno per i dipendenti comunali: 7.500 esclusi gli addetti alle partecipate, con i quali il totale degli stipendiati, diretti e indiretti, sale a 22mila unità. Sono proprio le imprese partecipate a mettere a repentaglio l’equilibrio finanziario dell’amministrazione e a destare allarme sociale. Qualche settimana fa, asserragliati sul tetto del municipio, alcuni operai della Gesip hanno lanciato tegole in strada in segno di protesta. Con 1.900 lavoratori, molti dei quali ex detenuti, questa società provvede alla manutenzione del verde pubblico, alla pulizia di uffici comunali, scuole elementari, asili, piscine e altro ancora nonché ai servizi cimiteriali. Però è in dissesto da anni e il Comune ha esaurito i fondi che aveva appostato in bilancio per assicurarne la continuità aziendale. Dal 5 giugno non ci sono più i soldi per gli stipendi. Per stare in equilibrio, l’impresa avrebbe bisogno di 80 milioni, ma dei 255 previsti dal Comune per le partecipate solo 19 sono in quota a Gesip. Che si sommano ai 20 provenienti dal Cipe per progetti d’investimento. Il sindaco ha fatto i salti mortali per trovare 5 milioni con cui pagare gli stipendi per un mese, in attesa che arrivino i fondi dallo Stato. Diego Cammarata pensa di strappare al governo un ultimo assegno che gli consenta di galleggiare fino alle elezioni dell’anno prossimo per poi ricollocarsi altrove. Chiede un contributo straordinario di cinque anni a scalare (50 milioni per il 2011, 40 per il 2012, 30 per il 2013 e così via fino al 2015) per poter distaccare i 1.900 della Gesip tra il municipio e le Spa, bloccando in entrambi i casi il turnover. Solo che il premier Silvio Berlusconi ha le sue gatte da pelare dopo la disfatta alle amministrative, e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti è notoriamente restio a gettare denaro nel tritacarne palermitano. Così la situazione incancrenisce ogni giorno che passa. Anche l’Amat si dibatte tra le difficoltà. L’azienda dei trasporti genera perdite e per pagare il personale deve indebitarsi con le banche pur vantando 140 milioni di crediti dal socio pubblico. La ragioneria generale stenta a versarle i ratei mensili del contratto di servizio. Batte cassa pure l’Amia, in gestione commissariale da poco più d’un anno, che ha chiuso il 2010 con un risultato netto di -18 milioni e debiti per 210 a fronte di crediti sulla cui esigibilità i commissari tacciono. La società per la raccolta dei rifiuti e lo spazzamento e la manutenzione delle strade chiede 20 milioni in più l’anno di trasferimenti per riequilibrare il rapporto costi/ricavi. Altrimenti minaccia di applicare i contratti di solidarietà. C’è poi la palla al piede dell’Amia Essemme, uno stipendificio per 900 spazzini che il Comune sarebbe disposto ad accollarsi, dopo avere obbligato l’azienda ad assumerli, se la capogruppo Amia Spa rinunciasse ai 27 milioni di quota parte del contratto di servizio. Il problema vero è che l’intero gruppo continua a rappresentare una minaccia per i conti della città: non ha ancora superato la crisi di liquidità che l’ha portato al dissesto. Sostiene Davide Faraone, capogruppo del Pd: «Il ritardo di un anno nei trasferimenti alle ex municipalizzate si trasmette alle società fornitrici, che a loro volta sono costrette a indebitarsi e a interrompere il flusso degli stipendi. Il Comune paga in media i creditori con tre anni di ritardo e l’Aidapa gli assegna un rating di classe “E”, che vuol dire default. È un sistema in avvitamento finanziario che peraltro si regge su 1,5 miliardi di residui attivi e 1,4 di residui passivi e su debiti fuori bilancio che nel 2011 hanno raggiunto la soglia patologica dei 26 milioni. Sono cifre abnormi». Aggiungiamo a tutto questo la crisi di realtà industriali quali i Cantieri navali, la Keller, l’Italtel, il Cres e la Fiat di Termini Imerese, lo spostamento all’estero di vari call center, il mancato rinnovo di molti contratti a tempo determinato e abbiamo la misura esatta del rischio di esplosione sociale che incombe su Palermo e su chi la governa.

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