Oggi in C.d.M. il d.d.l. riforme, ma è ancora scontro Grasso-Renzi

Renzi non molla, ma secondo Grasso il Senato deve restare elettivo, perché serve “una Camera che sia di controllo e di garanzia

31 Marzo 2014
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Mancano poche ore al Consiglio dei Ministri chiamato a varare il d.d.l. sulle riforme ed è sempre più scontro aperto tra il premier Renzi e il presidente del Senato Pietro Grasso.
“Per ridurre i parlamentari, evitare il ping pong delle leggi, semplificare il quadro, facciamo del Senato, come in tanti Paesi, il luogo dove siedono, senza indennità, sindaci e presidenti di Regione”. Così Matteo Renzi a Rtl 102.5: “Si tratta di vedere se questa volta si bluffa o si fa sul serio, perché si chiede ai senatori di superare il Senato. Non è mica facile, lo so. Ma è una questione di dignità” verso i cittadini. Pietro Grasso non crede si possa riuscire? “No, non è proprio d’accordo” con la riforma, risponde Renzi. Se non si fa la riforma del Senato “non ha senso che gente come me stia al governo: ci giochiamo la faccia e tutto il resto” ha continuato Renzi. “Su questa cosa non mollo di mezzo centimetro, andiamo diritto. Voglio che anche chi non ci crede ed è sfiduciato possa vedere che stavolta il risultato lo otteniamo”.
Dichiarazioni che non lasciano dubbi, nonostante Grasso in due interviste, spiazzando l’esecutivo, abbia sostenuto che la Camera Alta deve restare elettiva, altrimenti, il combinato disposto del ddl annunciato da Renzi (“con il Senato composto da esponenti delle autonomie non scelti direttamente dai cittadini”) con l’Italicum “mette a rischio la democrazia”.

Ma come sarà questa riforma del Senato secondo Renzi e i suoi?
“Non stiamo cercando di fare nulla di straordinariamente rivoluzionario, ma cerchiamo di dire che il Senato diventerà come in Germania, il rappresentante delle autonomie locali”, sarà un Senato di “non eletti”, ha detto ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio a “Che tempo che fa”. 
La Ministra Boschi in un’intervista rilasciata a La Stampa ha spiegato che il Senato “sarà composto dai presidenti delle regioni, dai sindaci dei capoluoghi di regione e delle province autonome, due consiglieri regionali e due sindaci per ogni regione; più 21 senatori su nomina del presidente della Repubblica per sette anni. I senatori a vita esistenti restano in carica. E faranno parte del Senato, un’altra variazione rispetto al testo precedente. Quindi in tutto 148 persone”. 
“Il nuovo Senato, spiega ancora la Boschi, avrà pari poteri alla Camera per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale. E anche sull’elezione del Capo dello Stato, dei membri del Csm e della Consulta. Quindi rimangono le funzioni di garanzia“.
Inoltre, il procedimento legislativo “viene velocizzato, maggiore rapidità e semplicità nelle decisioni. La Camera approva una legge, il Senato può pronunciarsi entro 30 giorni proponendo delle modifiche. La Camera a quel punto ha 20 giorni per pronunciarsi in via definitiva, accogliendo le modifiche del Senato o confermando il testo iniziale. Ma la parola finale spetta alla Camera e ci sono dei tempi certi per le leggi“.

Ma se il governo “non molla”, anche Grasso insiste e dopo le interviste a Repubblica e L’Unità ieri ha assicurato in Tv da Lucia Annunziata che il suo “vuol essere solo un contributo”, ma che come tale vorrebbe che venisse ascoltato. “Io sono il primo rottamatore del Senato e non sono né un parruccone né un conservatore”, precisa. “Ma non si può cambiare la Costituzione a colpi di fiducia come si è fatto per le Province”, mentre una riforma monocamerale, unita all’Italicum, può presentare “un rischio per la democrazia”. Grasso ricorda di aver già avanzato le sue perplessità con il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, ma di non aver avuto “alcun ritorno”. Poi, dà al premier un consiglio che suona come un avvertimento: se sulla riforma le cose restano così, “i numeri al Senato rischiano di non esserci”.

Le sue affermazioni sembrano risvegliare tra l’altro la fronda anti-riforma. In un documento, 25 senatori Pd, guidati da Francesco Russo, rivendicano di non essere “meri esecutori” e invitano Renzi “ad ascoltare le tante voci” e a “non porre ultimatum”.

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