Nuovo assalto alle ex municipalizzate

La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia per il mancato recupero di una quota di aiuti illegittimi. Il Ministro Ronchi: “Già fatto il grosso dell’operazione”

l 29 Ottobre 2010
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Si preannuncia un nuovo assalto da parte dello Stato alle ex municipalizzate per il recupero degli aiuti illegali. La Commissione europea ha infatti deciso ieri di deferire l’Italia alla Corte di giustizia per non aver eseguito una decisione della stessa Corte che ordina il recupero di aiuti di Stato illegali e incompatibili da imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico. Una parte degli aiuti è stata recuperata, ma mancano ancora da recuperare fra i 45 e i 50 milioni di euro. “Il recupero della parte più consistente dell’aiuto, 440 milioni, riguardante le ex municipalizzate più grandi e quotate in borsa, è già avvenuto l’anno scorso grazie all’impegno profuso dal governo e dal Dipartimento politiche comunitarie e la stessa Commissione si è considerata soddisfatta dichiarando pertanto chiusa, per questo aspetto, la procedura d’infrazione”, precisa, in una nota, il Ministro delle politiche comunitarie, Andrea Ronchi. Sulla vicenda – tiene a sottolineare il ministro – “è necessario fare alcune puntualizzazioni: innanzitutto la decisione riguarda il mancato recupero di un residuo di 23 milioni più interessi, in capo a talune società non quotate in borsa”, essendo stato recuperato la parte più consistente dell’aiuto. “Va inoltre sottolineato – continua Ronchi – come le operazioni di recupero dei 23 milioni che sono all’origine della decisione della Commissione siano ostacolate da alcuni ricorsi presentati dinanzi ai giudici nazionali sui quali dovrebbe essere emesso un verdetto nelle prossime settimane. Se sarà così – prosegue – l’azione di recupero dovrebbe essere notevolmente accelerata e, laddove si concludesse entro la fine dell’anno o nei primi giorni del 2011, si potrebbe evitare l’introduzione materiale del ricorso in Corte di giustizia deciso dal Collegio dei Commissari, scongiurando così il rischio di multe”.
La Commissione chiede il pagamento di una penalità di 65.280 euro per giorno di ritardo successivo alla seconda sentenza della Corte fino al giorno della regolarizzazione dell’infrazione e una somma forfetaria di 7.140 euro al giorno per il periodo fra la sentenza del 2006 e la seconda sentenza della Corte. La richiesta della Commissione europea alla Corte del pagamento di penalità, indica una nota, “servirebbero da incentivo a garantire il rapido recupero degli aiuti legali dai beneficiari”. La decisione iniziale della commissione risale al 2002: la conclusione fu che l’esenzione triennale dell’imposta sul reddito e la possibilità di contrarre prestiti a tasso agevolato con la Cassa Depositi e Prestiti violassero le norme Ue in materia di aiuti di Stato. Di qui l’invito a Roma a recuperare gli aiuti illegali. In pratica tali misure, indica la commissione, avevano ottenuto l’effetto di rafforzare la posizione concorrenziale delle imprese interessate nei confronti di operatori privati italiani o esteri senza che vi fosse alcuna giustificazione accettabile secondo le norme Ue per la concessione di una tale agevolazione. Nel 2006 la Corte di giustizia aveva confermato tale decisione. E l’anno dopo Bruxelles aveva avviato un procedimento informale di infrazione per il mancato rispetto della sentenza. Le sanzioni proposte ieri tengono conto della gravità dell’infrazione, del periodo già trascorso dalla precedente sentenza della Corte di giustizia e della situazione dello Stato membro. Inoltre la Commissione “ha attribuito una particolare importanza ai progressi già compiuti dalle autorità italiane negli ultimi anni”. Bruxelles segnala che “il mancato recupero da parte delle autorità italiane è in parte imputabile alle difficoltà incontrate a livello di sentenza di giudici e di tribunali nazionali che non sono in linea con quanto previsto dalla legislazione europea poiché hanno disposto la sospensione della restituzione degli aiuti illegali da parte delle imprese interessate”. In pratica la stessa tesi sostenuta dal Ministro Ronchi.

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