Mediazione civile incostituzionale: quali effetti per la p.a.?

Il ministero della Funzione pubblica esclude il ricorso alla mediazione da parte delle p.a. per i cosiddetti “atti di natura non autoritativa”, e quindi, tutte le imposizioni di natura fiscale o prettamente amministrativa

25 Ottobre 2012
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La mediazione civile e commerciale obbligatoria da ieri è incostituzionale. È questo il pronunciamento, molto atteso, della Consulta, che ha dichiarato illegittimo l’istituto della mediaconciliazione per un eccesso di delega esercitato dal precedente governo. La mediazione, varata con il decreto legislativo 28 del 4 marzo 2010, era uno dei capisaldi della riforma della giustizia, che la Corte Costituzionale ha bocciato nella parte più discussa, in cui veniva enunciato il suo carattere obbligatorio. Ora che resta in piedi solo la variabile volontaria di ricorso, si aprono scenari ignoti, anche per la pubblica amministrazione, oggetto, proprio nei giorni scorsi di un’apposita circolare ministeriale attraverso cui il ministero della Funzione pubblica la iscriveva al novero dei soggetti coinvolti. Il documento coinvolgeva la p.a. nel ricorso alla mediazione per i cosiddetti “atti di natura non autoritativa”, escludendo, quindi, tutte le imposizioni di natura fiscale o prettamente amministrativa. A essere chiamate ad adottare lo strumento della mediazione erano, così, tutte le realtà amministrative, da quelle centrali agli enti locali, finanche alle Comunità montane. L’obbligatorietà della mediazione civile era in vigore, fino a ieri, anche per le vertenze su liti condominiali, risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli, responsabilità medica, diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari Come rappresentante del la pubblica amministrazione nei processi di mediazione tra le parti si era pensato di nominare un dirigente che avesse dimostrato comprovata esperienza nel campo oggetto della disputa. Ora che la Corte ha dichiarato incostituzionale questa “anticamera” del giudizio, dunque, dovrebbe restare la possibilità di avvalersi della media conciliazione e non più l’obbligatorietà. Il condizionale è d’obbligo visto che i possibili sviluppi son ancora tutti da decifrare. Innanzitutto, si dovranno attendere le motivazioni della sentenza della Consulta, che spiegheranno questa bocciatura più formale che sostanziale dell’istituto. Proprio questo aspetto lascia presagire che la mediazione non sarà cancellata e, tra le ipotesi, non è escluso che il governo intervenga direttamente con un decreto legge ad hoc. Negli ultimi anni, infatti, si sono moltiplicati corsi professionalizzanti o di aggiornamento per mediatori e molti enti si sono trovati a dover includere questa figura, ritenuta ormai imprescindibile. Inoltre, resta da vedere se le risorse investite nella mediazione, essendo fino a ieri obbligatoria,saranno in qualche modo rimborsabili. Nodi che verranno sciolti nelle prossime settimane e che, adesso, restano sullo sfondo di una sentenza che ha gettato nello scompiglio il mondo della giustizia, da sempre diviso tra sostenitori e detrattori della mediazione. Il Guardasigilli Paola Severino ha osservato che l’istituto “stava funzionando. Ora punteremo sugli incentivi”. Simili le prese di posizione degli Avvocati per la mediazione che sottolineano come “è stato bocciato il solo profilo legato all’obbligatorietà – dice la presidente Lorenza Morello – senza toccare gli altri aspetti che reggono l’istituto. La mediazione resta lo strumento per lo snellimento della giustizia”. Di altro avviso il Consiglio nazionale forense, che ha riconosciuto come il “passaggio obbligatorio dalla mediazione come condizione, per di più onerosa, per adire il giudice rendeva oltremodo difficoltoso l’accesso alla giustizia”.

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