Legge Severino, l’Anac chiede più poteri sulle nomine illegittime

Fonte: Il Sole 24 Ore

L’Anac chiede poteri diretti nel controllo sugli incarichi dirigenziali conferiti dalle amministrazioni pubbliche ma vietati dalla legge Severino, e nell’irrogazione di sanzioni che però vanno differenziate in base alla gravità del caso. Dopo il “tagliando” in 25 punti sulle regole anticorruzione proposto a giugno, l’autorità guidata da Raffaele Cantone torna a chiedere a Governo e Parlamento di modificare le regole nate con la legge Severino, e con la segnalazione 5/2015 si concentra in modo puntuale sugli inciampi normativi delle «inconferibilità» (cioè gli incarichi assegnati a persone che sono state condannate per reati contro la Pa, oppure che negli ultimi due anni hanno guidato enti finanziati o si sono candidati alle elezioni nello stesso territorio) e delle incompatibilità. 
I problemi di queste regole, scritte nel decreto legislativo 39/2013 per evitare conflitti di interesse e “riciclaggi amministrativi” di politici reduci da un insuccesso elettorale, sono tanti. In sintesi, i controlli sugli eventuali ostacoli all’incarico sono affidati alla stessa amministrazione che ha deciso di conferirlo, e che quindi spesso non mostra particolare zelo nell’andare oltre all’autocertificazione chiesta al diretto interessato. Tanto più che le procedure non sono chiarissime, e anche quando si arriva all’accertamento del problema non è chiaro se il responsabile anticorruzione dell’ente debba dichiarare la situazione di inconferibilità e contestarla all’organo che ha assegnato l’incarico: un iter di questo tipo, che crea difficoltà evidenti al dirigente responsabile dell’anticorruzione che deve mettersi di traverso alle nomine decise dal vertice politico, non è scritto con precisione nel decreto, al punto che qua e là si sono seguite strade diverse.
Un buon riassunto dei problemi operativi dell’anticorruzione si può incontrare in Calabria, dove la Giunta regionale aveva deciso di nominare commissario straordinario dell’azienda sanitaria di Reggio Calabria un ex candidato in elezioni amministrative recenti, basandosi su un’autodichiarazione dell’interessato che non riportava il “problema”. I controlli regionali si erano fermati lì ed è poi intervenuta l’Autorità nazionale anticorruzione a sancire l’inconferibilità, facendo scattare lo stop trimestrale all’assegnazione di nuovi incarichi che blocca anche il presidente della Regione (si veda Il Sole 24 Ore del 14 settembre).
Una situazione del genere finisce per far alzare le barriere agli incarichi illegittimi con modalità piuttosto casuali, soggette a una serie di variabili tecniche e procedurali che non ne permettono certo un’applicazione sicura. Per questa ragione l’Anac chiede a Governo e Parlamento che le siano assegnati direttamente i poteri di controllo e sanzione, evitando anche gli automatismi sulle penalità previsti oggi. In base al decreto Severino, qualsiasi incarico che violi la griglia delle inconferibilità blocca per tre mesi la possibilità di fare nomine per tutti i componenti dell’organo responsabile, a prescindere dalla gravità del caso. L’Anac chiede di rendere un po’ più raffinato l’apparato sanzionatorio, e di prevedere penalità più flessibili e proporzionali al grado di responsabilità di ciascuno: la sanzione, suggerisce l’Autorità, dovrebbe essere prima di tutto pecuniaria, e prevedere solo nei casi più gravi un’interdizione da modulare caso per caso nella durata (stop da uno a sei mesi alla possibilità di conferire nuovi incarichi) e nell’ambito di applicazione (tipologia delle nomine da bloccare). Resta da vedere se il Parlamento, dopo aver approvato regole non proprio perfette nel periodo di “emergenza” del 2012-2013, sentirà la stessa urgenza nell’accogliere i suggerimenti per far funzionare un po’ meglio la legge Severino.

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