Legge di stabilità 2014, nel testo service tax e nuova aliquota Iva

Mancano poche ore, poi il testo della legge di stabilità 2014 vedrà finalmente la luce. È annunciato per domani un Consiglio dei Ministri fondamentale, sia per il nuovo corso del Governo, ma in primo luogo per conoscere le novità fiscali ed economiche che si ripercuoteranno dal prossimo gennaio su tutti i lavoratori e contribuenti italiani.
Ieri, su Twitter il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha invitato a chiudere le speculazioni sulla legge in cantiere, chiedendo a tutti – cittadini e operatori dell’informazione – di attendere il testo ufficiale, che verrà varato domani dal Governo. “Il resto è solo caos…” ha chiuso un premier mai così stizzito sulle pagine dei social network, segno, forse, che all’interno della maggioranza la tensione sulla stesura della legge stabilità 2014 è molto alta.

Forse, ancora, restano alcuni nodi importanti da sciogliere. Certo è che, di giorno in giorno, la manovra in costruzione sta accumulando valore: dai 10 miliardi stimati nella scorsa settimana, ormai si naviga intorno ai 15 ed è molto probabile che, entro domani, la soglia venga superata e non di poco. Tutto dipenderà dalle decisioni che verranno prese in materia fiscale e che ricadranno a cascata su contribuenti, cittadini, enti locali e imprese.

Innanzitutto, il cuore pulsante della legge in arrivo sarà, secondo gli annunci, l’attesa riduzione del cuneo fiscale, con il duplice obiettivo di alleggerire il costo del mantenimento dei dipendenti per le aziende e, insieme, assicurare nelle buste paga qualche spicciolo in più, certamente gradito dai diretti interessati. Però, il bonus non verrebbe concesso a tutti i datori di lavoro, ma assumerà la forma di incentivo per quelli che decideranno di assumere. Al momento, la misura per il cuneo fiscale viene calcolata in 5 miliardi: dunque, in solitario, un peso pari a un terzo dell’intera legge di bilancio.

Ma anche gli altri interventi contenuti nella finanziaria 2014 non saranno di minor impatto.
Quello sull’Iva, per dirne uno, aumentata lo scorso primo ottobre dal 21 al 22%. Dovrebbe trattarsi una vera sorpresa: non già il decreto di “retromarcia” sull’incremento al 22%, ma l’introduzione di una nuova aliquota al 7-8%, che dovrebbe comportare, dunque, una ridefinizione del paniere di beni sottoposti ai vari scaglioni dell’imposta sui consumi.

Infine, capitolo sicuramente molto atteso è quello della service tax, la nuova imposta sui servizi che dovrebbe sostituire – e inglobare – le ormai “condannate” Imu e Tares. In particolare si ipotizza un prelievo iniziale di 3-3,5 centesimi per mille o di 30-35 centesimi a metro quadro per ciascun immobile. Ma non è ancora chiaro se come base imponibile verranno prese in considerazione le attuali rendite catastali o i valori di mercato. In ogni caso, all’aliquota patrimoniale di base verrà applicato un tetto massimo.

Confermati gli altri due spezzoni dell’imposta: Tari e Tasi. La prima (pagata anche da chi è in affitto ) sarà agganciata al ciclo dei rifiuti urbani e sarà calcolata dai comuni sulla base dei volumi di smaltimento. Il prelievo colpirà in maniera più pesante i nuclei familiari che inquinano maggiormente. Una delle questioni più controverse e importanti sul tappeto riguarda gli inquilini, chiamati al versamento. Per loro si pensa ad uno sbarramento: non dovrebbero pagare più del 25% rispetto al valore dell’intera imposta.
Quanto a capitolo Tasi si tratta della vera novità in quanto colpisce il godimento dei cosiddetti beni indivisibili come l’illuminazione stradale e i servizi di viabilità. Questo spezzone dell’imposta potrà subire forti riduzioni impositive in base a parametri come il reddito familiare o il numero dei componenti che abitano l’immobile.

Quasi certe le modalità di versamento. La service tax sarà versata in quattro soluzioni (prima rata tra gennaio e marzo, l’ultima a dicembre) ma chi vorrà potrà effettuare il saldo in un’unica soluzione nel mese di giugno. Anche se i comuni avranno mano praticamente libera nel manovrare le aliquote e distribuire così il carico fiscale sui cittadini, il tributo non potrà in nessun caso superare il limite del 6 per mille e del 10,6 per mille che grava attualmente su prime e seconde case.

Per consentire ai sindaci di raggiungere questo obiettivo, Palazzo Chigi stanzierà una cifra di 1,8-2 miliardi di euro che sarà utilizzata per aumentare le detrazioni su immobili e figli a carico. Possibile in questo modo che nella maggior parte dei comuni italiani la service tax escluderà dal prelievo le prime case, per quanto riguarda la componente patrimoniale.
Le indiscrezioni sulla costruzione della service tax, intanto, agitano Confedilizia. In una nota, il presidente dell’associazione dei costruttori Corrado Sforza Fogliani ha parlato di “impostazione sconcertante” in riferimento al fatto che l’impianto che si sta delineando fa pensare all’introduzione di una imposta e non di una “tassa sui servizi”. Una logica che, secondo Confedilizia, tradirebbe la promessa di un fisco immobiliare di carattere federalista.

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