Le opere a scomputo diventano vantaggiose

Fonte: Il Sole 24 Ore

Agli interventi di tra-sformazione urbana si accompagna la necessità di integrare le reti, i servizi e le altre opere – cosiddette di urbanizzazione – che rendono vivibili le cit-tà. La legge prevede l’alter-natività tra il pagamento del relativo contributo (sarà poi il Comune a costruire le in-frastrutture necessarie al quartiere) e la realizzazione delle opere di urbanizzazio-ne a scomputo da parte del privato interessato all’ope-razione immobiliare. Trat-tandosi di opere pubbliche o di pubblico interesse, il si-stema nazionale e sovrana-zionale prevede però che le stesse siano appaltate se-condo le procedure a evi-denza pubblica e nel rispet-to del Codice dei contratti pubblici, con aggravio di tempi e costi in capo al committente privato. Sul punto – spesso decisivo nel-la realizzazione degli inter-venti di riqualificazione ur-bana – è intervenuto da ul-timo il decreto salva-Italia (Dl 201/2011, convertito dalla legge 214/2011). Se-condo le nuove norme, le opere di urbanizzazione primaria a scomputo degli oneri possono ora essere realizzate direttamente dal soggetto attuatore se l’im-porto dei lavori è inferiore alla soglia comunitaria. È stato così inserito all’artico-lo 16 del Dpr 380/2001 (Te-sto unico edilizia) un nuovo comma, in base al quale «nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equiva-lenti comunque denominati, nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico gene-rale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazio-ne primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del de-creto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all’intervento di trasforma-zione urbanistica del territo-rio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163». Il percorso della normativa in questione trae origine dalla sentenza 12 luglio 2001, C-399/98, mediante la quale la Corte di giustizia ha affermato il principio in base al quale la direttiva 93/37/Cee impedi-sce l’esistenza di una nor-mativa nazionale che – al di fuori delle procedure previ-ste dalla stessa direttiva – consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione di realizzare direttamente un’opera di urbanizzazione a scomputo del contributo, nel caso in cui il valore dell’opera eguagli o superi la soglia fissata dalla diret-tiva. La Corte di giustizia si è poi espressa sul tema con sentenza 21 febbraio 2008, C-412/04, mediante la quale ha, tra l’altro, chiarito che il legislatore comunitario ha scelto di lasciare gli appalti sotto soglia al di fuori del regime di pubblicità, non imponendo alcun obbligo relativamente a essi. A fron-te di tali pronunce, con il Dlgs 152/2008 (terzo corret-tivo) il legislatore italiano si era autonomamente deter-minato a estendere l’obbligo della procedura di evidenza pubblica, seppur semplifica-ta, anche all’affidamento delle opere di urbanizzazio-ne sotto soglia. La previsio-ne riduceva però l’interesse del costruttore ad avvalersi della possibilità di realizza-re opere a scomputo, che era infatti legata alla possi-bilità di gestire i tempi dell’esecuzione delle opere. Con il salva-Italia, il legisla-tore ha accolto tali contesta-zioni, riuscendo a raggiun-gere quell’obiettivo che era sfumato in sede di conver-sione in legge del decreto sviluppo (Dl 70/2011) quando una norma simile (non identica) era stata sop-pressa. La conseguenza è che le opere a scomputo tornano a essere un’opzione praticabile – e in alcuni casi vantaggiosa – per chi effet-tua interventi di riqualifica-zione.

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