Le città ripartono dal riciclo

Fonte: Il Sole 24 Ore

La città e una nuova politica urbana nazionale (Agenda urbana) possono essere in Italia le risposte alla crisi economica e alla crisi ambientale. A due condizioni: da una parte si abbia il coraggio di rovesciare modelli urbanistici logori e mettere al centro delle nuove politiche paradigmi della crescita radicalmente innovativi, come quello del “riciclo”, che non sia solo riutilizzo di materiali o luoghi “scartati” ma diventi «strategia progettuale di redifinizione dell’esistente»; dall’altra si aprano gli occhi sulle richieste di politiche post-metropolitane che arrivano dai cittadini (per esempio nella mobilità o nella politica abitativa per italiani e immigrati) e che sempre più spesso sforano i confini amministrativi tradizionali per travalicare addirittura quelli della città metropolitana, istituzione nata con ritardo ventennale e già superata da realtà che evidenziano in alcuni casi il formarsi, non governato, di regioni metropolitane, non sovrapponibili agli attuali assetti istituzionali. Regioni metropolitane dove si intensificano flussi, spostamenti, relazioni fra capoluoghi e centri minori non necessariamente limitrofi.
Convinto di questa straordinaria opportunità di rilancio delle città e di traino alla crescita per l’Italia è il «Rapporto sulle città 2015» di urban@it, centro di studi per le politiche urbane diretto da Walter Vitali. Con il titolo «Metropoli attraverso la crisi» il Rapporto, che è curato da Marco Cremaschi e sarà presentato a Bologna il 2 ottobre in collaborazione con Intesa Sanpaolo, evidenzia una serie di casi e analisi sulle trasformazioni territoriali, economiche e sociali in atto, le urgenze e i nodi che alimentano la nuova questione urbana e le possibili risposte di policy. In cima a tutte, la convinzione-quadro che è il momento oggi di rilanciare una politica urbana nazionale capace di individuare e condividere i temi fondanti, indirizzare le risorse e le energie verso le effettive priorità, ricreare un rapporto fra ricerca e politica, gestire in un quadro nazionale unitario i rapporti con le istituzioni europee e internazionali. Su questo ultimo aspetto il Rapporto svolge, per altro, un’analisi delle incertezze strategiche di politica urbana complessiva che hanno caratterizzato la programmazione del Pon Metro 2014-2020: il quale si risolve in un’altra occasione mancata di coordinamento e integrazione delle politiche urbane pur tentando qualche innovazione, soprattutto in tema di sostenibilità, sulla scorta degli indirizzi Ue e destinando comunque a 14 città 892 milioni, di cui 588 milioni di fondi strutturali europei e 304 milioni di cofinanziamenti nazionali.
L’esempio più convincente del Rapporto di urban@it sulla radicale innovazione che può arrivare dalle città è il racconto dell’esperienza del «Manifesto del riciclo» lanciato a Genova un anno fa da Mosè Ricci e dal progetto «Re-cicle Italy» curato da Renato Bocchi (Iuav). 
I «nuovi cicli di vita» delle città, la rinascita di «paesaggi dell’abbandono», il rinnovo non solo dei manufatti ma dello stesso «sistema di funzionamento urbano» si stratificano in decine di esperienze raccolte nell’«Atlante del riciclo», dai suoli inquinati della Terra dei fuochi alle tante ferrovie minori abbandonate o sottoutilizzate all’ingente patrimonio di edifici e spazi ex-industriali che innervano tante città italiane: esperienze che partono dal ripensare architetture e infrastrutture dei luoghi della post-produzione, ma si spingono fino a una riprogettazione complessiva della città che parte «dal basso» ed esalta la sperimentazione di progetti «diffusi e condivisi» sul modello delle Smart Land, la coesione sociale, le partnership fra privati e pubblico-privato, riconfigurando una missione a 360 gradi per le istituzioni e la politica.
Per far questo la città ha bisogno di una radicale trasformazione anche in chiave istituzionale di capacità di risposta alla nuova questione urbana. Il rapporto riconosce così «la necessità di una profonda revisione degli apparati legislativi e normativi secondo logiche più elastiche e adattive, mettendo in conto anche una maggiore flessibilità nei processi di trasformazione relativa alle destinazioni d’uso per favorire una maggiore agilità di azione innovativa, dando fiato all’iniziativa dal basso e alle risorse dell’innovazione creativa collettiva e individuale». In pratica per trasferire il riciclo dalla dimensione micro a quella urbana serve «un nuovo apparato regolamentare che indirizzi l’azione pubblica, agevoli i comportamenti privati, consolidi le pratiche informali, caratterizzi le strumentazioni operative».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *