L’approvazione delle tariffe TARI da parte del Comune: punti di attenzione

di ENZO CUZZOLA

Come è noto, la giurisprudenza riconosce che la TARI (tassa rifiuti) è una tassa e, conseguentemente, deve essere commisurata non al reddito del soggetto passivo, ma all’entità del servizio reso (in tal senso, ex multis, cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 23 marzo 2017 n. 3828).

Tariffe TARI: le attività del Comune

Più specificamente, la fissazione di tale tassa da parte del Comune risulta governata dal principio comunitario secondo cui “chi inquina paga” (espressamente richiamato dall’art. 1, comma 652, della legge n. 147/2013 – Legge di Stabilità 2014) e, pertanto, la determinazione delle relative tariffe deve essere strettamente correlata ad una previa dettagliata valutazione delle singole situazioni, ossia deve ragionevolmente fondarsi su un’accurata istruttoria circa la produttività quantitativa e qualitativa dei rifiuti delle categorie e/o sottocategorie appositamente individuate, utile e imprescindibile ai fini della congrua fissazione dei “coefficienti” ad ognuna di esse applicabile.

È bene ricordare che la determinazione di tali tariffe costituisce espressione di un potere ampiamente discrezionale del Comune, ma non immune da eventuale controllo da parte del giudice amministrativo, che può sicuramente sindacare le scelte dell’ente sotto il profilo della ragionevolezza, logicità e non travisamento dei fatti (cfr., ex multis, TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 10 febbraio 2016): ciò significa, perciò, che i provvedimenti all’uopo adottati devono essere connotati da una “congruenza esterna”, nel senso che debbono essere idonei a rivelare la ragionevolezza del percorso logico seguito dall’Amministrazione nel processo di individuazione dei coefficienti per le diverse aree del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 1 agosto 2015, n. 3781; sent. 9 novembre 2011, n. 5908 e sent. 10 febbraio 2009, n. 750).

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