L’apprendistato ora apre alla p.a.

Fonte: Italia Oggi

L’apprendistato apre alla pubblica amministrazione. L’accordo sull’apprendistato siglato da governo e sindacati (si veda ItaliaOggi del 13 luglio scorso) prevede per la prima volta che anche gli enti pubblici potranno assumere apprendisti, in particolare in applicazione della tipologia di contratti prevista dall’articolo 1, comma 2, lettere b) e c), del testo unico, e cioè l’apprendistato professionalizzante (o contratto di mestiere), nonché l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Resta escluso, invece, l’apprendistato per la qualifica professionale. Per le pubbliche amministrazioni si tratta certo di un’opportunità da cogliere, anche se il percorso per rendere operativo il reclutamento degli apprendisti appare piuttosto complesso. L’articolo 7, comma 8, del Testo unico intanto demanda a successivi provvedimento la soluzione del principale problema da risolvere nell’esportazione di questa tipologia di lavoro nella pubblica amministrazione: cioè le modalità di assunzione. La norma stabilisce che la regolamentazione del reclutamento e dell’accesso all’impiego nella p.a., sarà definita da un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro perla pubblica amministrazione e l’innovazione e del ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sentite le parti sociali e la Conferenza unificata, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Verosimilmente, non si potrà fare a meno di condizionare il reclutamento ad un concorso pubblico, come impone l’articolo 97, comma 3, della Costituzione, come già del resto avviene per l’assunzione mediante contratto di formazione e lavoro. A maggior ragione l’assunzione di apprendisti nella p.a. non potrà prescindere dal concorso: l’articolo 2, comma 1, del Testo unico chiarisce a livello normativo e, dunque, fugando ogni residuo dubbio, che il contratto di apprendistato è a tempo indeterminato, anche se caratterizzato dalla «libera recedibilità» tra le parti. Infatti, l’ultimo periodo del citato articolo 2, comma 1, chiarisce che «se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato». Il Dpcm cui rinvia il testo unico potrebbe, tuttavia, non essere sufficiente. Infatti, il testo unico rimette ai contratti collettivi la disciplina di dettaglio dell’apprendistato professionalizzante; specifiche leggi regionali, nonché, per i soli profili che attengono alla formazione, accordi con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici e professionali e altre istituzioni formative o di ricerca, saranno il presupposto per l’apprendistato di alta formazione e ricerca. È facile constatare come attualmente la contrattazione collettiva dei comparti pubblici non preveda nulla in merito. In effetti, l’estensione alla p.a. del contratto di apprendistato appare estremamente utile, per provare a rilanciare un ringiovanimento dei ranghi dei dipendenti pubblici: l’età media in questi ultimi anni si è alzata oltre i 47 anni, anche a causa dei vincoli alle assunzioni disposti dalle varie leggi finanziarie. Non solo. Come tipico contratto a causa mista, l’apprendistato ha una duplice funzione: non solo la regolamentazione del rapporto di lavoro, ma anche una specifica funzione formativa per il lavoratore, cui corrispondono simmetrici oneri organizzativi a carico del datore, da cui discendono alcune specifiche agevolazioni tipiche del negozio. Tra queste, può rivelarsi di particolare interesse per le amministrazioni pubbliche e tanto più per gli enti locali la possibilità espressamente prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del Testo unico «di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio». Poiché gli enti locali debbono contenere le assunzioni entro il 20% del costo delle cessazioni avvenute l’anno precedente, sul piano finanziario le assunzioni in apprendistato potrebbero rivelarsi convenienti. Naturalmente, però, la sola valutazione del vantaggio finanziario non è sufficiente. La qualità della formazione è altrettanto importante ed occorre che gli enti assicurino un’effettiva ed efficace azione di miglioramento della professionalità degli apprendisti, perchè il sistema risponda pienamente e correttamente agli intenti del legislatore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *