La “tassa locale” passa il primo esame

Fonte: Il Sole 24 Ore

La «tassa locale», sostenuta dallo scambio fra l’addizionale Irpef che si statalizza e l’Imu dei capannoni che diventa tutta comunale, passa l’esame del primo confronto fra Governo e sindaci, che si è svolto ieri a Palazzo Chigi. «Il clima è positivo – ha spiegato all’uscita il presidente dell’Anci Piero Fassino – e ora si tratta di approfondire i dettagli tecnici, ma l’obiettivo comune è di arrivare a una local tax condivisa da applicare nel 2015». Proprio per questo, la tabella di marcia è serrata, e il Governo annuncia nuovi momenti di confronto «nei prossimi giorni».

Il progetto illustrato ai sindaci dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Delrio, dal ministro degli Affari regionali Lanzetta e dal sottosegretario all’Economia Baretta poggia su tre pilastri. La «tassa locale» deve essere locale davvero, e quindi far scomparire la coabitazione fra Stato ed enti locali che caratterizza l’Imu: l’imposta, anche quella pagata da capannoni, alberghi e centri commerciali, andrà ai Comuni, in cambio dell’addio all’addizionale Irpef. Questo è uno dei passaggi più delicati, perché oltre a garantire la parità complessiva dello scambio fra Stato e Comuni bisogna studiare la distribuzione delle risorse fra gli enti, ridisegnando il fondo di solidarietà.

La nuova architettura fiscale, che sull’abitazione principale rispetto alla Tasi avrà aliquote più alte ma sconti obbligatori e quindi più progressività, manderà in pensione anche il gruppo dei “tributi minori”, come la tassa di occupazione del suolo pubblico o l’imposta sulle affissioni: questi, in realtà, non dovrebbero essere accorpati tout court alla tassa principale, anche per non spalmare il loro carico (poco più di un miliardo di euro all’anno) sulle abitazioni, ma saranno più probabilmente fusi in un canone unico a disposizione dei Comuni.

Le scelte dei sindaci saranno ovviamente determinanti anche nella distribuzione del conto fra le varie tipologie di immobili, ma le nuove regole potrebbero imporre all’autonomia locale di esercitarsi su macrocategorie (per esempio abitazione principale, casa affittata, casa sfitta e così via) senza più entrare nei dettagli che hanno creato le 200mila aliquote della Iuc.

Una nuova dose di autonomia, però, dovrebbe arrivare ai Comuni dall’intenzione del Governo di cancellare una lunga serie di regole di dettaglio, dal rapporto fra spesa di personale e spesa corrente ai tetti a singole voci di uscita, che oggi imbrigliano le scelte locali: l’idea è che Patto e riforma dei bilanci bastino a fissare gli obiettivi per ogni ente, che avrà poi la responsabilità di compiere le scelte migliori per raggiungerli.

A migliorare il «clima» nell’incontro di ieri è stata del resto la conferma di una serie di correttivi che il Governo vuole inserire nel capitolo della legge di Stabilità dedicato alla finanza locale. Oltre alla proroga della possibilità di utilizzare una quota degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente e alla copertura statale per gli interessi sui nuovi mutui, che potrebbe estendersi anche a rinegoziazioni di contratti già attivi, c’è l’aumento delle stime sul fondo crediti di dubbia esigibilità, che dovrebbe tradursi in sconti ulteriori sul Patto.

La crescita della quota di risorse che i Comuni devono accantonare per coprire le mancate riscossioni, in realtà, potrebbe portare anche qualche ripensamento sui tempi di copertura degli extradeficit prodotti dalla riforma dei bilanci che impone di cancellare le entrate non riscosse e non più incassabili.

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