La Corte dei conti attacca: un fardello le società locali

Le società della p.a. controllate al 100% dal pubblico sono le peggiori: sono maggiormente sbilanciate sul debito, il fattore produttivo umano prevale su quello tecnologico e nella galassia delle partecipate statali sono quelle che registrano le perdite in bilancio più pesanti. È la Corte dei conti a mettere sotto la lente le distorsioni strutturali della pubblica amministrazione, invocando una riforma radicale >> il Rapporto della Corte dei conti

“I risultati della gestione delle società partecipate dagli enti territoriali costituiscono uno dei temi significativi del controllo svolto dalla Corte dei conti, a livello centrale e territoriale, per la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio degli enti proprietari” – si legge nel comunicato stampa che ha difffuso ieri la magistratura contabile”. “L’intento è quello di prevenire o di contenere i fenomeni elusivi dei vincoli di finanza pubblica, con particolare attenzione alla neo-costruzione del “bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche”, fermo restando che l’omogeneità conoscitiva sarà realizzata con la compiuta attuazione dell’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali e dei loro organismi partecipati (d.lgs. n. 118/2011)”.

Il quadro di sintesi rappresentato dalla Sezione delle autonomie nella delibera 6.6.2014, n. 15 si avvale anche dei dati e delle informazioni raccolti dalle Sezioni regionali, nell’esercizio delle loro competenze sul territorio. Gli organismi censiti nella banca dati SIQUEL della Corte dei conti sono esaminati nei loro dati di bilancio, che sono posti in relazione con i flussi finanziari erogati dai soggetti pubblici partecipanti/controllanti. 

Emerge, dalle informazioni inserite in banca dati dagli Organi di revisione, che il 20,81% dei comuni (1.684 su 8.092), che rappresenta il 9,44% della popolazione nazionale (v. tabella 8), non è in possesso di partecipazioni in società/organismi. 
In banca dati SIQUEL, alla data del 18 aprile 2014, risultano 7.472 organismi (tabelle 1,2,3,4): i risultati dell’analisi hanno riguardato un insieme omogeneo di 4.264 organismi (tabella 11), caratterizzato dalla presenza a sistema dei dati di bilancio relativi all’esercizio 2012, unitamente alle informazioni su affidamenti e spese degli enti affidanti. Gli organismi operanti nei servizi pubblici locali sono numericamente limitati (il 33,86% del totale), pur rappresentando una parte importante del valore della produzione (il 69,15% dell’importo complessivo). Il maggior numero (66,14%) rientra nelle diversificate attività definite come “strumentali” (tabella 10). 
Nei 1.521 organismi a totale partecipazione pubblica, con uno o più soci, emerge la netta prevalenza degli affidamenti in house (tabella 12); fenomeno meritevole di attenzione per la rigidità dei presupposti legittimanti, tra cui spicca il “controllo analogo”. 

“Da qui la necessità di verificare l’effettività e la coerenza dei controlli degli enti proprietari sulle società che godono di tale regime privilegiato, poiché, diversamente, si determinerebbe una palese violazione delle regole della concorrenza e del conseguente obbligo di affidamento con gara. Tale esigenza è ancor più stringente nell’ipotesi di organismi a totale proprietà pubblica partecipati da più enti territoriali, ove è necessario che sussista il controllo analogo congiunto in capo a ciascun ente affidante, riconoscibile anche nell’ipotesi di conclusione di patti parasociali idonei ad influenzare le decisioni dell’organismo. 
Per eseguire una complessiva valutazione sulla convenienza ad attuare una gestione esternalizzata dei servizi è di primaria importanza tener conto del complesso delle risorse impegnate ed effettivamente erogate dal soggetto pubblico, la cui entità denota il grado di “ dipendenza” dell’organismo dall’ente partecipante/controllante. 
È di tutta evidenza la centralità del contratto di servizio, quale strumento privilegiato con il quale gli enti affidanti esercitano il potere di vigilanza e di controllo sugli organismi partecipati/controllati. Tra le erogazioni degli enti proprietari nei confronti degli organismi partecipati, rilevano anche i trasferimenti (in conto esercizio, straordinari e in conto capitale), gli oneri per copertura delle perdite (mediante spesa corrente o aumenti di capitale, anche per ricapitalizzazioni), nonché gli aumenti/acquisizioni di capitale per cause diverse dal ripiano delle perdite. 
Nell’aggregato preso in esame appaiono degne di nota le situazioni in cui le somme impegnate superano quelle pagate, con una più elevata incidenza del complesso delle erogazioni sul valore della produzione negli organismi a totale partecipazione pubblica. 

Dall’analisi di dettaglio degli organismi partecipati da unico socio pubblico (850 organismi su 4.264 esaminati) emerge che, nella gran parte dei casi, le risorse complessivamente impegnate e pagate dagli enti proprietari tendono a coincidere con l’importo dei valori della produzione degli organismi destinatari delle erogazioni. Questo risponde alla logica della proprietà interamente pubblica, che riduce al minimo la partecipazione al fatturato di risorse provenienti da terzi (esclusi i servizi a tariffa) negli organismi che “vivono” delle risorse degli enti (tavole 4 e 5, Appendice). 
Significative sono le fattispecie caratterizzate da oneri per contratti di servizio eccedenti il valore della produzione e, in generale, dal riconoscimento di ulteriori contributi che risultano non adeguati alle potenzialità produttive del soggetto affidatario. In taluni casi, l’eccedenza delle erogazioni sul valore della produzione può essere parzialmente giustificata dal risultato di esercizio negativo, dove le maggiori erogazioni sono dovute alla copertura delle perdite o alla ricostituzione del capitale sceso sotto il limite legale. Cospicue erogazioni, in altri casi, sono associate a bilanci in utile e, pertanto, appaiono di difficile interpretazione. In questa sede, può soltanto osservarsi che tali maggiori importi rappresentano un contributo pubblico ai risultati conseguiti dall’organismo partecipato/controllato. 
Maggiori perdite d’esercizio si sono riscontrate nelle partecipate pubbliche al 100% rispetto al complesso degli organismi osservati (tabelle 16 e 17). 
Simmetricamente, sono stati rilevati valori medi più elevati di incidenza del costo del personale sul costo della produzione negli organismi a totale partecipazione pubblica (37,16%), laddove il dato complessivo medio evidenzia una percentuale del 30,33% (tabelle 18 e 19). Ciò può essere indicativo della scarsa efficacia dei vincoli assunzionali e, in generale, delle politiche di contenimento del costo del lavoro nei confronti di tali società nelle partecipate pubbliche al 100%, che appaiono caratterizzate da una prevalenza del fattore produttivo umano rispetto all’a pporto tecnologico. 
La gestione finanziaria dimostra una netta prevalenza dei debiti sui crediti, in tutti gli organismi oggetto della presente indagine. L’elaborazione del quoziente di indebitamento mostra un andamento non uniforme da regione a regione, con rapporti superiori all’unità nella maggioranza dei casi, il che pone in risalto la prevalenza del capitale di terzi sul capitale proprio (tabelle 20 e 21). 
È di interesse constatare che il rapporto crediti/debiti verso controllanti, nelle partecipazioni pubbliche al 100%, è sbilanciato in favore dei primi. Ciò dimostra la forte dipendenza delle partecipazioni totalitarie dagli enti controllanti, pur in presenza di un rilevante indebitamento verso terzi (tabelle 22 e 23). 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *