Input a forme associative da risorse per i dipendenti

Fonte: Italia Oggi

In caso di trasferimento di personale da un comune a un’unione di comuni, le risorse già quantificate sulla base degli accordi decentrati e destinate nel precedente anno a finanziare istituti contrattuali collettivi ulteriori rispetto al trattamento economico fondamentale con uiscono nelle corrispondenti risorse dell’unione. Lo prevede l’art. 1, comma 114, della legge 56/2014 (c.d. legge Delrio), con l’evidente obiettivo di agevolare il percorso di costituzione delle forme associative che (insieme alla convenzioni) dovranno svolgere, entro fine anno, quasi tutte le funzioni fondamentali (restano fuori solo anagrafe, stato civile e servizi elettorali) spettanti ai piccoli comuni.

Per la verità, la norma non distingue e, quindi, si applica a tutte le unioni, comprese quelle di cui fanno o faranno parte comuni con popolazione superiore alle soglie demografi che sotto le quali scatta l’obbligo di gestione associata (5.000 abitanti in pianura, 3.000 per quelli appartenenti o appartenuti a comunità montane, salvo diversa decisione assunta dalle regioni).

Viene così introdotta una modifica alla disciplina contrattuale che regola il passaggio di personale dai comuni alle unioni: in particolare, ad essere superata è la disciplina di cui all’art. 13, comma 4, lett. a), del Ccnl del 22/1/2004, in base alla quale, in sede di prima applicazione, le unioni definiscono le risorse finanziarie destinate a compensare le prestazioni di lavoro straordinario e a sostenere le politiche di sviluppo delle risorse umane e della produttività, relativamente al personale assunto direttamente (anche per mobilità), sulla base di un valore medio pro capite ricavato dai valori vigenti presso gli enti aderenti per la quota di risorse aventi carattere di stabilità e di continuità. Relativamente al personale temporaneamente messo a disposizione dai medesimi comuni, invece, il Ccnl prevede un trasferimento di risorse per il finanziamento degli istituti tipici del salario accessorio e con esclusione delle progressioni orizzontali, dagli stessi enti, in rapporto alla classificazione dei lavoratori interessati e alla durata temporale della stessa assegnazione; l’entità delle risorse viene periodicamente aggiornata in relazione alle variazioni intervenute nell’ente di provenienza a seguito dei successivi rinnovi contrattuali.

La novella legislativa è sicuramente migliorativa, ma non basta a risolvere tutte le problematiche che la costituzione delle unioni pone rispetto al passaggio delle risorse umane coinvolte nell’esercizio delle funzioni da trasferire. In molti casi, infatti, il fondo per la contrattazione decentrata delle costituende unioni rischia di non essere abbastanza capiente per coprire tutte le esigenze del nuovo ente e garantire l’ottimale riorganizzazione del personale. L’ostacolo principale deriva dai restrittivi vincoli di spesa previsti dalla legge statale, che al 31 dicembre 2014 impone il blocco del fondo all’importo dell’anno 2010 (oltre all’automatica riduzione dello stesso in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio).

Per esemplificare quali criticità possano emergere nella pratica, si pensi al caso di tre comuni di 4.500, 1.000 e 800 abitanti che intendano mettere in gestione associata le funzioni relative alla polizia locale. Se l’ente più grande ha cinque vigili che lavorano per turni, percependo la relativa indennità, quest’ultima non potrà essere estesa anche agli agenti degli altri due comuni se essi hanno (come di norma accade nei piccoli comuni) un orario normale. Quindi, il servizio dovrà essere completamente riorganizzato, con non poche difficoltà.

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