Trasformare il mutuo da variabile a fisso. La tentazione è forte per i risparmiatori di questi tempi in cui si torna con insistenza a parlare di aumenti del tasso Euribor e quindi delle rate dei prestiti indicizzati. Finora le possibilità di cambiare prestito «in corsa» erano legate alla volontà della banca, che poteva decidere se accogliere o meno la richiesta del cliente e soprattutto quale nuovo tasso applicare. Da ieri la rinegoziazione è diventata invece automatica, almeno per le famiglie meno abbienti con un indicatore della situazione economica (Isee) non superiore a 30mila euro e che non sono in ritardo con i pagamenti. Nel Decreto Sviluppo è contenuta infatti una norma che permette fino al 31 dicembre 2012 a quanti hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile di importo non superiore a 150mila euro di ottenere la trasformazione in fisso presso la propria banca. Non solo, il passaggio dovrà avvenire a un tasso ben preciso: si applicherà infatti l’Irs (a 10 anni oppure, se inferiore, quello legato alla durata residua del finanziamento) maggiorato dello stesso spread praticato in origine sull’Euribor. La norma è stata salutata con favore dall’Associazione bancaria italiana (Abi) che, come si legge in una nota, già da tempo aveva segnalato la preoccupazione per l’eccessivo ricorso a mutui variabili in vista di possibili cambiamenti dello scenario dei tassi. C’è da pensare tuttavia che molte banche non saranno particolarmente felici per la novità, che le obbliga a concedere una rinegoziazione e a praticare condizioni che altrimenti non avrebbero probabilmente offerto. Il livello del tasso Irs a 10 anni (ieri al 3,60%) è infatti generalmente inferiore a quello delle scadenze successive (15, 20, 30 anni), ma è soprattutto la questione dello spread (cioè del ricarico applicato sul tasso base per remunerare il rischio) a far storcere il naso agli istituti italiani: come rilevato anche da Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi, quelli attualmente praticati sono in media del 50% superiori a quelli che si potevano spuntare soltanto 2 o 3 anni fa e chi si presenta oggi a chiedere una rinegoziazione o una surroga difficilmente ottiene lo stesso valore. Resta da verificare quale possa essere la reale portata della misura: le associazioni dei consumatori lamentano che il limite reddituale dei 30mila euro (quello peraltro generalmente utilizzato per individuare le famiglie bisognose, e anche per il Fondo di solidarietà che permette la sospensione delle rate) sia eccessivamente penalizzante. «Significa aiutare un numero molto limitato di famiglie», osserva Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum, che sottolinea anche come tuttora non sia chiaro «se la rinegoziazione comporterà costi per i mutuatari». Altra questione da valutare è la reale convenienza ad effettuare il passaggio da tasso variabile a fisso: è vero che le rate dei primi sono destinate a crescere perché gli Euribor seguiranno le mosse della Banca centrale europea (si prevedono due rialzi per complessivi 50 punti base da qui a fine anno). Ma è anche vero che gli Irs sono mediamente più elevati del 2-2,5% e chi chiede la rinegoziazione deve mettere in conto una rata più elevata per i prossimi due o tre anni: molte famiglie, specialmente quelle più in difficoltà, alle quali è principalmente rivolta la misura, non potranno permetterselo. Per la verità il Decreto Sviluppo offre anche la possibilità di concordare l’allungamento del piano di rimborso per un periodo massimo di 5 anni, a patto che la durata residua del mutuo all’atto della rinegoziazione non superi i 25 anni. In questo modo il finanziamento diventerà più oneroso nel complesso (si pagheranno maggiori interessi), ma il costo sarà diluito più a lungo con l’effetto di ridurre la singola rata. Il problema, sotto questo aspetto, è che in determinate situazioni (come si vede negli esempi grafici a fianco) non sarà comunque possibile raggiungere l’importo della rata originaria neanche allungando di 5 anni il prestito. In altri casi, neppure tanto limite, l’allungamento non sarà addirittura possibile perché la durata residua supera già i 25 anni.
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