Il super-martedì delle imposte punta ai 45 miliardi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Il supermartedì delle tasse punta a superare il traguardo dei 45 miliardi. Con il modello F24 o i bollettini postali di Imu e Tasi, la scadenza del 16 giugno chiama alla cassa quasi tutti i contribuenti: professionisti, autonomi, imprenditori, società ed enti non commerciali, oltre ai 25 milioni italiani che possiedono una casa o un altro immobile. Considerando che 21 milioni di proprietari sono dipendenti o pensionati, si capisce che l’appuntamento con gli acconti finirà per riguardare anche la maggior parte di coloro che di solito pagano le tasse tramite le trattenute su buste paga e pensioni.

Crisi e imposte sui redditi 
Per le imposte sui redditi il versamento di acconti 2015 e saldi 2014 avrà molte similitudini con l’anno scorso. A parte il discorso sulle scadenze (con l’ipotesi di proroga per i contribuenti soggetti a studi di settore), bisogna considerare almeno due effetti concomitanti. 

Da un lato, l’incognita dei maxiacconti dello scorso autunno per le società di capitali. L’aliquota da usare era al 101,5% e, di conseguenza, quanto pagato in più qualche mese fa sarà “scalato” dall’importo dovuto ora tra il versamento per così dire ordinario e i tempi supplementari in cui va aggiunta la maggiorazione dello 0,40 per cento. Da Ires e Irap (a cui comunque sono tenute non solo le Spa e le Srl) potrebbero arrivare circa 24,6 miliardi di euro. Nel confronto rispetto a un anno fa si tratterebbe di un incremento, ma bisogna tenere presente che 12 mesi fa l’influenza delle aliquote maggiorate nell’acconto autunnale di fine 2013 era ben più pesante, in quanto all’epoca le società avevano calcolato gli anticipi delle imposte al 102,5% con una punta del 130% per banche e assicurazioni. E, dunque, il contraccolpo compensativo nell’estate 2014 era stato giocoforza ben più marcato. Senza dimenticare che un ulteriore aumento degli acconti potrebbe scattare nel prossimo autunno se gli incassi della voluntary disclosure non dovessero disinnescare la clausola di salvaguardia prevista dall’ultimo decreto Milleprororoghe.

L’altra incognita da cui non si potrà prescindere è quanto peserà ancora l’effetto della crisi. Gli indicatori macroeconomici sembrano trasmettere una tendenza alla ripresa, seppur ancora timida. I versamenti d’imposta rappresenteranno una prova del nove in questo senso. Il ricorso al metodo previsionale – una sorta di ciambella di salvataggio consentita dal fisco – può consentire di ridurre la base imponibile prevista a causa, per esempio, di una diminuzione del fatturato e, quindi, di versare meno imposte rispetto al calcolo con il metodo storico. Sicuramente, continueranno a usarlo le imprese in perdita, che rappresentano quasi stabilmente un terzo del totale. Ma se ci fosse un minore utilizzo del previsionale da parte di altre imprese o autonomi (per quanto riguarda l’Irpef) il bottino per l’Erario potrebbe salire. 

A questo si aggiunge un problema di liquidità. Lo stress da versamenti, come detto, riguarda anche i tributi locali e ciò potrebbe mettere sotto pressione le casse di famiglie e attività economiche. Ecco perché in molti potrebbero scegliere la strada di rateizzare i pagamenti relativi alle imposte sui redditi e all’Irap nelle settimane e nei mesi successivi. In questo modo, è vero che le tasse affluirebbero pur sempre nelle casse pubbliche, anche se con un certo differimento, ma ci sarebbe la necessità di fare i conti fra qualche mese sull’effettivo incasso da acconti e saldi.

Le tasse sul mattone 
Le imposte sul possesso degli immobili quest’anno non devono fare i conti con nessun nuovo tributo, dopo il debutto dell’Imu nel 2012 e della Tasi nel 2014. I proprietari, però, non potranno fare affidamento sui bollettini precompilati a domicilio, che pure sarebbero previsti dalla legge di stabilità di due anni fa. 

A ogni modo, a parte le incertezze sui terreni agricoli – per i quali venerdì scorso il dipartimento delle Finanze ha diramato un nuovo pacchetto di chiarimenti sotto forma Faq – l’acconto dei due tributi immobiliari non dovrebbe presentare particolari complicazioni: la vera difficoltà, se mai, sarà quella di trovare le risorse per far fronte ai quasi 12,5 miliardi di pagamenti. Di questi, quasi 4 miliardi arriveranno dai fabbricati produttivi in categoria catastale «D» e finiranno allo Stato, mentre tutto il resto andrà ai Comuni.

Rispetto alle imposte dirette, le tasse sul mattone garantiscono alle casse pubbliche un incasso più stabile, perché la base imponibile non sente la crisi. Ma questo non vale per la cedolare secca, che dovrebbe confermare con i prossimi acconti un appeal crescente t ra i contribuenti: d’altra parte, per i privati che affittano abitazioni, è l’unica misura in controtendenza in un contesto di pressione fiscale crescente da anni.

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