Il sistema elettorale resta in alto mare

Fonte: Italia Oggi

I vertici del Pdl continuano a parlare di riforma elettorale. La sintesi più concreta è quella di Fabrizio Cicchitto: «È evidente che l’impegno prioritario deve essere quello riguardante la politica economica; è anche fondamentale il lavoro per la riforma istituzionale, all’interno della quale si può collocare l’eventuale modifica della legge elettorale». Si ridimensiona così l’interessamento per un nuovo sistema di elezioni: prima, l’economia; poi (aggiungiamo noi) qualche norma per annullare uno o due fra gli attacchi giudiziari subiti dal Cav; successivamente, le riforme istituzionali; infine, la legge elettorale («eventuale»_). Ciò significa che c’è tempo. L’inserimento della riforma elettorale tra le revisioni istituzionali, operato da Cicchitto, implicherebbe di accondiscendere alla proposta della Lega: prima il Senato federale, poi la legge elettorale, che, a quel punto, sarebbe di fatto obbligatoria, avendo mutato struttura e compiti del Senato. Tutti, però, si rendono conto degli immani ostacoli che si frappongono alle leggi costituzionali; di qui, lo scetticismo diffuso sulla possibilità che il progetto leghista possa vedere la luce. La legge elettorale, invece, potrebbe divenire una necessità in caso di referendum: se, infatti, a primavera si andasse davvero alle urne, le previsioni sono per un affossamento dell’odiato porcellum. Di qui la necessità di parare il colpo con una profonda riforma. Finora, però, in casa del Pdl (per tacere della Lega) regna completa confusione. Come già avvenuto fra i democratici, i modelli stranieri si susseguono, magari miscelati. Si conosce con certezza soltanto quello che il Cav non vuole: il doppio turno e il mattarellum. Come arrivare a un sistema che, secondo le esplicite indicazioni di Angelino Alfano, assommi scelta dal basso, designazione del presidente del Consiglio e bipolarismo, nessuno l’ha ancora capito.

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