Il caos nei termini per i bilanci danneggia solo chi paga

Fonte: Il Sole 24 Ore

A pagare il caos è sempre l’anello più debole della catena. Quando il caos è fiscale, il conto arriva al contribuente.
Il ruolo da protagonista (involontario) ormai assunto nelle varie manovre di aggiustamento dei conti pubblici ha trasformato la finanza locale in una materia magmatica, sempre meno comprensibile ai cittadini (fra «competenze miste» e Comuni che «si scambiano spazi finanziari» in modo «orizzontale», fra loro, o«verticale», con le Regioni) e soprattutto sempre più incerta. Con la distribuzione dei tagli ai fondi che si conoscerà, se va bene, a fine settembre, e gli obiettivi definitivi del Patto di stabilità attesi per ottobre, imporre la chiusura dei bilanci preventivi ad agosto avrebbe avuto in effetti poco senso. Di rinvio in rinvio, però, si è arrivati a fine ottobre, travolgendo i record di proroghe del passato recente, e fino ad allora si potranno variare le aliquote dei tributi, dall’Imu all’addizionale Irpef, e le regole locali su esenzioni, sanzioni, e così via. E qui arriva il contribuente, che potrebbe conoscere solo alle soglie del prossimo inverno i tributi dovuti per un anno che a quella data sarà ormai quasi completamente consumato.
Non è solo una questione di forma (citare lo Statuto del Contribuente, dopo che il Governo a dicembre 2011 ha alzato l’addizionale regionale Irpef in modo lineare e retroattivo, sa di pleonasmo accademico), ma soprattutto di sostanza. La nebbia che circonda i numeri, mentre un Comune su quattro lamenta casse vuote anche a causa di un acconto Imu meno generoso del previsto, spinge ovviamente le aliquote al rialzo, per tutelarsi da guai peggiori. E il contribuente paga. E paga due volte, anche in termini di servizi, o di mancati pagamenti se è un’impresa, perché dove il rinvio non sarà sfruttato solo per poter ritoccare le aliquote, ma per aspettare tout court l’approvazione del bilancio, il Comune dovrà viaggiare a scartamento ridotto.

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