Dossier Ifel, il federalismo municipale costerà ai comuni 2,5 miliardi e conferma i tagli della manovra

La riforma disegnata dal decreto attuativo sul federalismo municipale può costare ai comuni quasi 2,5 miliardi, cioè circa il 10% delle risorse in gioco, e conferma a regime tutti i tagli imposti dalla manovra estiva (la sforbiciata ai trasferimenti vale 1,5 miliardi per il 2011 e un altro miliardo per il 2012). Il dato emerge da un dossier elaborato dall’Ifel e pubblicato ieri 3 gennaio 2011 dal Sole 24 Ore on line, che servirà da base di trattativa con il governo nell’ambito del tavolo tecnico che accompagna la riforma in Parlamento ancora in attesa del parere dei comuni.

Il Rapporto sottolinea che i comuni dovranno dire addio a gran parte dei trasferimenti statali e all’addizionale sull’energia elettrica, mentre l’Ici sopravvissuta  all’abolizione sulla prima casa verrà assorbita dalla nuova Imu dal 2014: in tutto, si tratta di 25,1 miliardi di euro, che dovranno essere sostituiti dall’assegnazione ai comuni del fisco immobiliare (registro, imposte ipotecarie e catastali, bolli, tributi catastali, cedolare secca sugli affitti e Irpef sui redditi fondiari, quest’ultima destinata al tramonto) e, dal 2014, dal varo dell’imposta municipale unica (Imu) che ingloberà quasi tutte queste voci.

I calcoli Ifel fanno un passo ulteriore, e in ogni comune mettono a confronto le risorse destinate a cadere con il federalismo fiscale (cioè trasferimenti e addizionale sull’energia elettrica) con quelle che le dovrebbero sostituire, stimando anche un recupero di evasione intorno ai 450 milioni di euro all’anno, spalmato in modo uniforme in tutt’Italia. I dati mostrano bene gli squilibri di partenza: nei territori a statuto ordinario, il confronto fra le due voci segna a Napoli un -50% (anche a causa dei trasferimenti extra che arrivano alla città), i capoluoghi calabresi accusano perdite tra il 40 e il 50,  mentre all’altro capo della classifica si incontrano le città medie del Nord.

Viste le premesse, sono più i comuni che ci perdono di quelli che ci guadagnano: soffrono soprattutto i centri più piccoli (nei 4.660 comuni sotto i 5mila abitanti la flessione media e’ del 16,9%) e le grandi città (-5,2% sopra i 250mila abitanti). A regime, il compito di ridurre queste differenze è affidato al fondo di perequazione, che dovrà anche tenere conto dei fabbisogni standard di ogni comune; ma, lamentano i sindaci, questo strumento non ha ancora trovato spazio nei decreti attuativi.

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