Default, il fondo rotativo vince
Fonte: Italia Oggi
Il «casus belli» su cui si è pronunciata la sezione autonomie, è riconducibile al raccordo tra la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, introdotta dal decreto legge «salva enti» (il dl n. 174/2012), con quella concernente l’accertamento delle condizioni presumibilmente idonee a provocare il dissesto, attivata ai sensi dell’articolo 6, comma 2 del dlgs n.149/2011, prima della conversione in legge del citato dl n.174. In particolare, l’articolo 243 bis di quest’ultimo, sancisce che «la procedura di riequilibrio non può essere iniziata, qualora la sezione regionale della Corte dei conti provveda, ai sensi dell’articolo 6 del dlgs n.149/2011, ad assegnare un termine per l’adozione delle misure correttive». In poche parole, la questione sottesa all’esame della sezione autonomie, verte sulla possibilità che la presentazione del piano di riequilibrio finanziario possa paralizzare o meno l’intero procedimento del dissesto guidato ponendolo in una «posizione di quiescenza». Come noto, nella procedura di dissesto guidato, la sezione regionale della Corte assegna all’ente un termine per l’adozione delle misure correttive, termine che costituisce un obbligo a provvedervi e a qualificare giuridicamente l’eventuale inadempimento. A questa fase, poi, seguono altre verifiche che portano la Corte, in extrema ratio, anche a deliberare il «definitivo ed irreversibile» accertamento del persistere di tale inadempimento.
A questo sistema, si legge nel testo in esame, si può affiancare la procedura di riequilibrio finanziario, in quanto, pur presupponendo una situazione di evidente deficitarietà strutturale «prossima al dissesto», questa tende a valorizzare le responsabilità degli organi ordinari dell’ente con l’assunzione delle iniziative per il risanamento dei conti. A conti fatti, uno dei principi cardini del federalismo fiscale, ovvero il rafforzamento concreto della responsabilità di mandato degli amministratori. E in tale ottica possono leggersi le previsioni di ampiezza del piano (massimo decennale) e il ricorso all’anticipazione dal fondo anti-default. A questo sistema non è estranea la Corte, in quanto è l’articolazione regionale della magistratura contabile che deve approvare il piano, sia nella sua fase di sviluppo che in quella attuativa. Da ciò, ne consegue che il «limite naturale» della procedura di riequilibrio ex art.243 bis del Tuel, rispetto a quella di dissesto guidato, è rappresentato dalla «completa» conclusione della procedura ex dlgs n.149/2011, ovvero dalla delibera di accertamento del perdurare dell’inadempimento, da parte dell’ente locale, delle misure correttive e della sussistenza delle condizioni previste dall’art. 244 del Tuel.
Infatti, dopo tale provvedimento, la Corte procede la trasmissione della delibera al prefetto, così da avviare la fase esecutiva del dissesto.
di Antonio G. Paladino
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