Danno morale per espropri illeciti

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nuove opportunità per risolvere i conflitti tra privati e pubbliche amministrazioni dopo procedure di esproprio dichiarate illegittime: questa è la novità contenuta nell’articolo 34 del decreto legge 98/2011 convertito nella legge 111/2011. La norma riguarda l’utilizzazione senza titolo di beni per scopi di interesse pubblico, e sostituisce il meccanismo previsto dall’articolo 43 del Testo unico sugli espropri, azzerato dalla Corte costituzionale con la sentenza 293 dell’ottobre 2010. Quando l’amministrazione ha sbagliato la procedura e mantiene ancora il possesso del bene, sarà possibile un trasferimento che converta in denaro il valore dell’immobile: il meccanismo è simile a quello del Testo unico espropri 327/2001, ma cambiano sia lo spessore della motivazione di interesse pubblico, sia l’entità dell’indennizzo dovuto al privato. Sul primo elemento è necessaria una specifica valutazione degli interessi in conflitto (articolo 42 bis, comma 1), che devono essere attuali e corrispondere a eccezionali ragioni di interesse pubblico (comma 4), senza ragionevoli alternative all’acquisizione. Solo in tal modo il legislatore si adegua all’indirizzo della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che in più occasioni ha criticato i comportamenti abusivi delle pubbliche amministrazioni verso i privati. Oggi, quindi, non basta più una generica motivazione di opportunità, ma, se l’amministrazione vuole appropriarsi di un bene immobile, deve elencare circostanze specifiche, tra le quali, a titolo esemplificativo, l’ingente onere economico cui si andrebbe incontro restituendo il bene al privato, la stretta connessione delle opere realizzate a esigenze di interesse generale, l’idoneità dell’opera pubblica nel suo complesso a soddisfare le utilità collettive. A fronte di queste documentate circostanze, il privato che voglia la restituzione del bene, potrà eccepire la possibilità di soddisfare altrove le esigenze dell’ente pubblico: ad esempio un’area a verde attrezzato illecitamente detenuta dalla Pa potrebbe essere sostituita con altre aree di pari qualità, essendo difficile sostenere che un’area verde sia indispensabile per “eccezionali ragioni di interesse pubblico”. Viceversa, una palestra eseguita in modo illecito ma adiacente a un complesso scolastico cui è funzionale per natura, potrà restare pubblica convertendo i diritti del proprietario in una congrua indennità. L’indennità è il secondo elemento innovato dall’articolo 42 bis: al privato che perde definitivamente l’area andrà riconosciuto un indennizzo da pagare entro 30 giorni, corrispondente al valore venale del bene, incrementato del pregiudizio patrimoniale (interessi moratori) e di quello non patrimoniale (10% del valore venale del bene). Se si tratta di un’area edificabile, si terranno presenti le possibilità legali ed effettive di intervento edilizio, con il limite (di dubbia legittimità) del valore dichiarato ai fini Ici; le aree non edificabili saranno valutate secondo il loro valore in libero commercio, secondo criteri che di recente (Corte costituzionale n. 181/2011) accordano valore anche ad aree vincolate per usi temporanei quali il parcheggio. L’innovazione del Dl sembra essere retroattiva, e riguardare cioè tutte le acquisizioni dell’ultimo decennio. Anche chi ha percepito un indennizzo o ricevuto un provvedimento di acquisizione a norma del-l’articolo 43 del Testo unico espropri 327/2001 sembra poter riaprire la partita sull’entità della somma dovutagli. La norma prevede infatti che il privato che subisca l’acquisizione abbia diritto al valore venale incrementato del pregiudizio patrimoniale (offerte di acquisto andate perse, interessi moratori) e un danno non patrimoniale pari al 10% del valore venale. I cittadini insoddisfatti potranno quindi rivolgersi al Tar, se ritengono che il bene non esprima un interesse pubblico prevalente, nonché alla Corte d’appello (o direttamente ai giudici di Strasburgo) per la quantificazione dell’indennizzo. Le amministrazioni dovranno affrettarsi nei pagamenti, avendo 30 giorni per il pagamento a decorrere dall’accordo con il privato, con il rischio di rispondere in proprio dinanzi alla Corte dei conti di eventuali ritardi.

I passaggi per sanare le situazioni

01 | RICOGNIZIONE DEI BENI Ricognizione da parte delle pubbliche amministrazioni dei beni acquisiti senza un valido titolo. La procedura è affidata al soggetto che utilizza il bene, anche se diverso da chi ha iniziato (e sbagliato) la procedura.

02 | INDIVIDUAZIONE DEGLI INTERESSI IN CONFLITTO È necessario individuare l’attualità e l’eccezionalità delle ragioni di interesse pubblico: di fatto, il bene deve essere stato modificato in modo economicamente irreversibile o comunque essere indispensabile al raggiungimento dell’utilità generale.

03 | VALORE VENALE Bisogna stimare il valore venale del bene, del pregiudizio patrimoniale (interessi moratori, se il danneggiato è un imprenditore) e non patrimoniale (pari al 10%, che diventa 20% per aree edilizia pubblica, calcolati sul valore venale del bene).

04 | DELIBERA È necessaria la delibera dell’autorità che cura gli interessi cui è destinato il bene immobile, con motivazione e stima.

05 | NOTIFICA AL PROPRIETARIO Nella notifica va indicata l’offerta di pagamento.

06 | PAGAMENTO L’importo va pagato entro 30 giorni dall’acquisizione.

07 | SEGNALAZIONE L’acquisizione va segnalata alla Corte dei conti.

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