Dalla Corte Conti verifiche imposte dai vincoli europei

Fonte: Il Sole 24 Ore

La Corte costituzionale, con una esemplare sentenza (la n. 40 depositata il 10 marzo scorso; presidente Silvestri, relatore Carosi), ha definitivamente cristallizzato la generale competenza della Corte dei conti in materia di controllo di legalità e regolarità sulla finanza pubblica territoriale. Una funzione saldamente ancorata alla competenza del giudice contabile, in estensione della dimensione riflessa dall’articolo 100 della Carta, ma anche attraverso il riferimento agli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, ai principi di diritto comunitario e, dunque, funzionale alla verifica del rispetto dei «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» e dagli accordi internazionali. Ciò in relazione agli obblighi derivanti sul Patto di stabilità interno da parte di quello esterno-comunitario, relativamente agli adempimenti in materia di finanza pubblica che investono il Paese nei confronti dell’Ue. Il tutto anche in riferimento alle Regioni a statuto speciale.

Dunque, le Sezioni regionali di controllo dovranno effettuare, ovunque e con ricorrenza annuale, i controlli esterni sulla gestione degli enti locali e, in particolare, sulla gestione finanziaria degli stessi, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 1 del Dl 174/2012 e degli articoli 148 e 148-bis del Testo unico degli enti locali (Dlgs 267/2000). Con questo dovranno:

a) verificare la legittimità e la regolarità del loro operato, anche in ordine al funzionamento dei controlli interni in relazione alle regole contabili e all’equilibrio dei loro bilanci;

b) esaminare i bilanci preventivi e i rendiconti anche in ordine all’ossequio degli obiettivi posti dal Patto di stabilità interno, all’osservanza dell’indebitamento e alla sua sostenibilità.

Le conclusioni cui è pervenuto l’attento giudice costituzionale mettono la parola fine alle incertezze, spesso ingeneratesi ma oramai risolte dalla giurisprudenza costituzionale, tra la funzione svolta dalla Corte dei conti in materia di controllo, di legittimità e sostanziale, sui bilanci di Regioni ed enti locali e la mera funzione amministrativa svolta in tal senso. Con questo ha ribadito il carattere di assoluta cogenza delle decisioni assunte, nei confronti degli enti destinatari, con la sola eccezione dei bilanci delle Regioni approvati con legge regionale, allo scopo di prevenire o contrastare gestioni contabili non corrette: gestioni, quindi, in grado di alterare l’equilibrio del bilancio consolidato dello Stato e da ritenersi, pertanto, effettuate in violazione del principio di concorso obbligatorio al «pareggio di bilancio» di tutte le componenti istituzionali della Repubblica, a mente degli articoli 81, 97, comma 1, e 119, comma 1, della Costituzione. Una attività complessa che, a detta della Consulta, non può peraltro essere assolutamente rimessa a un singolo ente autonomo territoriale, per nulla garante della conformità ai canoni nazionali, della neutralità, dell’imparzialità e dell’indipendenza riferibili ai più generali interessi della finanza pubblica.

Una cogenza, quella sottolineata dalla Corte costituzionale, imprescindibile perché consequenziale a quella imposta dal Patto di stabilità nei confronti delle pubbliche amministrazioni in quanto coprotagoniste della formazione del bilancio nazionale consolidato.

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