Dal 2011 le gare per i servizi locali

Fonte: Il Sole 24 Ore

ROMA – Con il via libera di Palazzo Chigi al regolamento attuativo può entrare nel vivo la riforma dei servizi pubblici locali. La liberalizzazione procederà in due tappe: a fine 2010 stop a tutte le gestioni affidate direttamente senza gara e apertura della nuova stagione di gare; entro il 2011, invece, decadranno le gestioni in house e quelle delle spa miste se non avranno aperto il loro capitale per almeno nel 40% a un socio privato. Il regolamento – ha detto il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto illustrando il testo a Palazzo Chigi – «completa il decreto Ronchi con l’attuazione della liberalizzazione dei servizi pubblici locali come l’acqua, i rifiuti, il trasporto pubblico locale». Resta da sciogliere un ultimo importante nodo: la scelta del regolatore dei servizi idrici. Nella bozza del disegno di legge annuale sulla concorrenza, in stand by al ministero dello Sviluppo economico, si affida il settore dell’acqua all’Authority per l’energia. A ogni modo, una soluzione arriverà entro l’anno, ha detto ieri Fitto. Possibili ancora delle limature al regolamento uscito ieri da Palazzo Chigi. Non sarà toccato comunque l’articolo 1 nel quale si precisa, per quanto riguarda l’acqua, «la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche», mentre la gestione passa preferibilmente ai privati. Il regolamento approvato in via definitiva concede qualche margine in più all’in house rispetto alla versione passata a dicembre al primo esame di Palazzo Chigi. Il testo stabilisce che in casi particolari l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipate dall’ente locale. Ma l’ente affidante deve motivare la scelta con un’analisi del mercato,da sottoporre all’Antitrust per un parere preventivo, in assenza del quale è previsto il silenzio assenso. La differenza tra le due versioni è nella soglia che fa scattare il parere. A dicembre i livelli erano due: somma complessiva superiore a 200mila euro annui del valore del servizio oppure popolazione interessata superiore a 50mila abitanti. Il governo adesso, non conformandosi a quanto chiesto dal Consiglio di Stato ma accogliendo la proposta della I commissione della Camera, cancella questa seconda soglia. In questo modo, per i comuni con più di 50mila abitanti ma con affidamento sotto il tetto di 200mila euro,l’in house può scattare liberamente, senza il parere Antitrust, sul quale nei mesi scorsi si erano levate le obiezioni della Lega. Nei casi invece in cui è obbligatorio il parere, ed esclusivamente per l’acqua, l’ente può rappresentare specifiche condizioni che rendano la gestione in house non distorsiva della concorrenza: chiusura dei bilanci in utile, reinvestimento nel servizio almeno dell’ 80% degli utili, applicazione di una tariffa media inferiore alla media del settore, performance virtuose sui costi operativi. I servizi possono essere concessi in esclusiva solo se l’ente adotta una delibera quadro dalla quale emergano gli svantaggi del sistema concorrenziale e i benefici che deriverebbero dal mantenimento di un regime esclusivo. L’articolo 8 del regolamento fissa i confini tra regolazione e gestione del servizio. Per quest’ultima, infatti, vengono introdotti motivi di incompatibilità per chi ricopre o ha ricoperto funzioni di amministratore nell’ente affidante. Ma, recependo una richiesta giunta dalla Conferenza unificata, nel testo definitivo si specifica che i divieti si applicano solo alle nomine e agli incarichi da conferire successivamente all’entrata in vigore del regolamento. Le società che, sulla base delle deroghe indicate, diventano affidatarie “in house” di servizi pubblici locali sono assoggettate al patto di stabilità interno. Si stabilisce poi che sia le società in house sia quelle a partecipazione mista pubblica e privata applichino, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni del codice dei contratti pubblici. Per il reclutamento del personale le società a partecipazione pubblica si adegueranno ai principi del concorso pubblico.

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