Cultura, asili e solidarietà: le carte vincenti di Bologna

Fonte: Il Sole 24Ore

«Non sposterei la mia azienda da Bologna per nulla al mondo». Pur essendo cresciuta a Montale Rangone, nel modenese, e là continuando ad abitare, Federica Guidi – vicepresidente della Ducati energia di Bologna ed ex presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria – considera Bologna la sua città, quella in cui ha studiato e quella in cui ha visto crescere l’azienda di famiglia. «Certo – aggiunge – non è più la città di vent’anni fa, ma girando l’Italia mi accorgo di quanti pregi abbia Bologna anche se, guardando l’Europa del Nord, capisco che di strada ne potrebbe fare moltissima». Non si stupisce, Federica Guidi, che la provincia di Bologna sia la più vivibile d’Italia «anche se il suo successo è più il frutto della caduta delle altre città che non dei propri progressi». Una città che chi la abita stabilmente percepisce bloccata nelle scelte fondamentali (a partire dalle infrastrutture, con l’addio prima alla metropolitana e poi al tram su gomma e ora invischiata anche nel rebus del people mover, un collegamento veloce tra stazione e aeroporto), con intere strade del centro storico sottratte a minime regole di decoro urbano, senza una idea precisa di futuro e una identità da sviluppare, con un tessuto industriale che ha retto i colpi della crisi (specie nel settore del packaging) ma stenta a far crescere nuovi campioni in comparti innovativi e ha lasciato sul terreno morti e feriti (dalla Malaguti alla Verlicchi) in un settore simbolo come quello delle moto. Eppure Bologna scala le classifiche della qualità della vita, miscelando abilmente una serie di elementi positivi che finiscono per attenuare i punti critici, in primis furti, scippi, truffe e frodi informatiche che vengono denunciati in grande quantità (per le bici, che spariscono alla velocità della luce, si è praticamente smesso di denunciare, stante la totale inutilità del gesto). Tra gli elementi positivi svetta senza dubbio la politica dell’infanzia, che vede accolti nei nidi (dati 2010) 3.275 bambini, il 77,6% di quelli che hanno fatto domanda, pari a poco meno della metà dell’utenza potenziale. Per i nidi il Comune di Bologna spende 41,8 milioni, sui 122 che in totale vanno all’istruzione rispetto a un bilancio di 532,6 milioni. «La qualità dei nidi bolognesi è una dato acquisito dopo un impegno più che quarantennale e che ora – spiega l’assessore comunale alla scuola Marilena Pillati – si sta arricchendo anche degli apporti dei nidi in project financing, cioè costruiti e gestiti da privati ma sotto la supervisione del pubblico e con graduatorie comunali. Ed è questa la modalità principale di immaginare una traiettoria di sviluppo in epoca di risorse pubbliche sempre più scarse». Per la presidente della Provincia Beatrice Draghetti i buoni risultati in fatto di welfare, infanzia e cultura «fanno piacere ma non stupiscono, visto che le politiche messe in atto anche a livello provinciale andavano proprio in quella direzione. E anche nel 2011, con i tagli subiti, siamo riusciti a trovare 2,7 milioni per potenziare la rete dei nidi sul territorio». Chi di risorse invece ne mette in campo molte (almeno 600 milioni l’anno la ricaduta sul territorio bolognese) è l’università, che con i suoi 85mila studenti contribuisce a tener viva la città. «Senza l’università Bologna non sarebbe Bologna ma sarebbe una San Lazzaro o un Casalecchio in grande», commenta il magnifico rettore Ivano Dionigi. Che chiede al territorio di fare qualcosa in più. «Serve una politica che riconosca cittadinanza agli studenti e che intervenga sul caro vita che si deve affrontare venendo a Bologna. Un tempo si veniva a studiare qui per la città, ora si viene per la qualità dell’ateneo, tanto che l’88% di chi ha studiato nell’università più antica del mondo lo rifarebbe». E se l’ateneo contribuisce alla medaglia d’oro della qualità della vita (ad esempio con l’eccellenza del policlinico Sant’Orsola) Dionigi non ha difficoltà ad ammettere che «sono più i forestieri dei bolognesi a rendersi conto dei pregi della città. Tuttavia, resta indiscutibile il primato di Bologna sul fronte dei servizi, della sanità e del tempo libero ed è buona la collaborazione con il Comune, ad esempio in fatto di gestione delle aree». Il sindaco Virgilio Merola si gode il successo chiarendo che «le buone notizie che ci consegna questa classifica sono il risultato del lavoro e dell’impegno delle diverse amministrazioni comunali, dell’Università, del sistema integrato di welfare, degli operatori culturali e della comunità di operosi che è stragrande maggioranza della nostra città. E se le classifiche cambiano, la cosa più importante è che non cambi la caratteristica principale di Bologna: la capacità di tenere insieme solidarietà e innovazione, un patto per la libertà e il lavoro». E in fatto di sviluppo culturale Mauro Felicori, a capo del dipartimento Economia e promozione del Comune, non pensa a grandi eventi ma alla valorizzazione stabile degli artisti locali e del tessuto cittadino. «Dobbiamo investire

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