Costruire ponti (eliminando ostacoli): nuovi modelli organizzativi e operativi per una PA che funziona

La ricostruzione del Ponte Morandi (ora Ponte San Giorgio) dimostra che con visione strategica, coordinamento e processi operativi agili, anche la PA può dare prova di eccellenza. Ecco cosa possiamo imparare, e replicare, da quell’esperienza

22 Aprile 2025
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di PASQUALE CRISCUOLO (Avvocato e Direttore Generale del Comune di Parma)

Con questo intervento prende il via su La Gazzetta degli Enti locali la rubrica “La PA che Funziona – Idee, modelli e strumenti per migliorare l’organizzazione e l’efficacia dell’amministrazione pubblica”. Un appuntamento quindicinale, curato dall’avv. Pasquale Criscuolo, che nasce con un obiettivo chiaro: partire da esperienze concrete per riflettere sulle modalità con cui l’amministrazione pubblica può funzionare meglio.

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Come è stato possibile in tempi recenti realizzare in tempi record un imponente intervento infrastrutturale come la ricostruzione del Ponte Morandi (oggi Ponte San Giorgio)? Tale infrastruttura, lunga 1.100 metri, retta da diciotto piloni di sezione ellittica, alti quaranta metri ciascuno, con fondamenta che affondano cinquanta metri sottoterra, composta da sei carreggiate (due per ogni senso di marcia e due corsie d’emergenza) e che interseca due gallerie autostradali, è stata realizzata in poco più di un anno (consegnata il 3 agosto 2020 in pieno periodo pandemico).
Una best practice sicuramente replicabile, un modello cui poter fare riferimento nella gestione di progetti complessi, non solo in materia di realizzazione di opere pubbliche ma anche in altri ambiti di attività.
La prova provata che agire sui modelli organizzativi e operativi può essere un’arma vincente. Questa solo in parte può essere la risposta alla domanda di apertura. Ma vediamo di completare il percorso di reazione al quesito iniziale effettuando alcuni ragionamenti che prendono spunto dal concreto dipanarsi della nostra realtà amministrativa.

Una riforma strutturale per una PA all’altezza delle sfide globali

Il particolare momento storico in cui viviamo e uno sguardo lungimirante al futuro portano a ritenere come non più procrastinabile una reale ed organica riforma della Pubblica Amministrazione e una nuova visione sul ruolo, l’assetto e le modalità di funzionamento delle Istituzioni del nostro Paese.
La competitività, anche economica, del sistema Italia non può più prescindere da una radicale rivisitazione dell’organizzazione e dei processi operativi della complessiva macchina dello Stato e, a cascata, degli Enti territoriali e locali, al fine di:
– rendere più efficace e celere l’intera azione amministrativa in ottica di filiera;
– velocizzare le fasi della spesa pubblica (centinaia di miliardi di euro);
– incrementare la capacità di essere attrattivi verso nuove forme di investimenti di capitale;
– eliminare vincoli burocratici che costituiscono oneri di rilevanza economica oramai non più sostenibili, soprattutto per le imprese, già fortemente provate da scenari internazionali e aggressività dei mercati che rischiano di mettere in ginocchio intere filiere produttive, con danni enormi a carico dell’economia nazionale e dei livelli occupazionali;
– migliorare i livelli di qualità ed economicità dei servizi erogati, anche, eventualmente, attraverso una ridefinizione di ruoli, competenze e prassi operative dei molteplici soggetti pubblici di volta in volta coinvolti;
– consentire il ricorso a nuovi strumenti messi a disposizione dalle moderne tecnologie (A.I.) nell’ambito di una visione di Paese.
Secondo gli indici di governance globale elaborati dalla Banca Mondiale, l’Italia è uno dei paesi avanzati con il più basso livello di efficacia della spesa pubblica. Frammentazione e inadeguata capacità amministrativa richiedono la necessità di una rivisitazione organica e strutturale dei processi produttivi, ricostruendo i flussi operativi e i processi di spesa nelle Amministrazioni Centrali e tra le Amministrazioni Centrali e gli Enti territoriali e locali ( che erogano buona parte dei servizi utilizzando risorse finanziarie provenienti dallo Stato ).
La Direzione Generale “ Reform “ della Commissione Europea mette al centro della propria azione, segnatamente, questi interventi :
migliorare le strutture e i processi per garantire la corretta elaborazione ed attuazione delle politiche pubbliche;
supportare le organizzazioni pubbliche nell’introduzione omogenea di moderne tecnologie e intelligenza artificiale;
supervisionare gli impatti delle Riforme attraverso un solido sistema di governance e monitoraggio.

I limiti delle riforme del passato: la vicenda PNRR e i tempi delle opere

Negli ultimi decenni, nel nostro Paese, abbiamo assistito alla realizzazione di vari interventi annunciati come Riforme della Pubblica Amministrazione, che hanno agito quasi esclusivamente sulla disciplina dell’azione amministrativa e sui procedimenti amministrativi, senza che gli stessi generassero un vero cambiamento e gli impatti sperati, se è vero, come sostiene la Banca Mondiale, che l’Italia è uno dei Paesi avanzati con il più basso livello di efficacia della spesa pubblica.
L’affanno e la disomogeneità di azione registrati in occasione della gestione delle consistenti risorse finanziarie provenienti dal PNRR, sono l’ulteriore prova del fatto che i vari interventi legislativi di semplificazione dell’azione amministrativa non sono risultati sufficienti.
Tali interventi continueranno ad essere insufficienti se non si agirà contestualmente con l’introduzione di nuovi modelli organizzativi e una radicale rivisitazione dei processi operativi su scala nazionale.
In recenti pubblicazioni ad opera della Banca d’Italia e dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, emerge che i tempi medi di realizzazione delle opere pubbliche nel nostro Paese, sono stimati in circa 5 anni.
Il 50% di questi tempi sono ascrivibili a mera attività amministrativa (cd. tempi di attraversamento), vale a dire che i tempi utilizzati per assolvere a tutti i livelli di progettazione e all’esecuzione dei lavori equivalgono a quelli delle interfasi amministrative dell’intero processo.
Ragioni di carattere meramente burocratico costituiscono la motivazione prevalente del verificarsi di scostamenti rispetto ai tempi programmati: esse sono presenti nel 60% dei casi analizzati. Appartengono a tale categoria di eventi i ritardi: i) nell’adozione di pareri o autorizzazioni, adottati anche in sede di conferenza di servizi; ii) nell’emissione di certificati; iii) nel protocollo e nella gestione della documentazione iiii) nell’assenza di coordinamento ed automatismi tra le varie interfasi.
Nel complesso, le problematiche relative ai meccanismi di coordinamento nel perfezionamento degli iter autorizzativi e decisori risultano essere la categoria più frequente di motivazione burocratica per scostamenti rispetto ai tempi programmati.

Governare i processi, accelerare l’azione: le leve per una PA più efficiente

Risulta evidente che agire sulla riduzione dei tempi amministrativi e della consequenzialità delle varie interfasi (che caratterizzano l’intero ciclo di realizzazione di un’opera pubblica), vuol dire ridurre proporzionalmente i tempi complessivi di realizzazione della stessa.

Tali criticità possono essere superate attraverso:
a)    l’introduzione di nuovi modelli organizzativi e la presenza di figure manageriali (Project manager) in grado di svolgere compiti di coordinamento rispetto alle varie fasi del processo di realizzazione dell’opera, imprimendo velocità di azione nelle varie interfasi successive all’approvazione del programma triennale delle opere pubbliche. Tali figure devono avere una spiccata capacità di pianificazione, non solo nel definire le attività prevedibili e ordinarie, ma soprattutto nel delineare scenari imprevedibili e trovare in anticipo soluzioni che non comportino ritardi o aggravi di costi;
 
b)    la reingegnerizzazione dei processi, funzionale a ripensare i flussi di lavoro per velocizzare i tempi di realizzazione e ridurre i costi, partendo da un’attenta analisi dei processi in essere, delle risorse e strumenti utilizzati, delle sacche di inefficienza che pregiudicano fortemente la produttività.
In un diagramma di flusso va codificato chi deve fare cosa, in quali tempi, con quali automatismi, con l’utilizzo di quali strumenti, quali debbano essere i sistemi di controllo e monitoraggio, quali debbano essere i correttivi da apportare al verificarsi di scenari imprevisti;
 
c)    l’attitudine ad operare in parallelo e non in sequenza (prassi frequente nella pubblica amministrazione è attendere di dar corso alle fasi successive, quando vengono a compimento le fasi precedenti). In molti casi, non andando in contrasto con le disposizioni legislative vigenti, risulta possibile portare avanti in maniera proattiva più attività contestualmente, di modo che nel momento in cui risulti conclusa una fase precedente, si possa tempestivamente dar luogo alla fase successiva. I tempi previsti dalle norme non possono essere compressi, ma molte volte possono essere anticipati: niente di ciò che può essere preparato o accelerato deve essere lasciato indietro, con una logica proattiva invece che reattiva;
 
d)    il ricorso ad operazioni contabili che consentano di anticipare attività e fasi del processo anche in assenza del complessivo finanziamento del quadro economico dell’opera, e  una programmazione operativa mirata che consenta di far collimare il concretizzarsi delle entrate in conto capitale con il tempestivo avanzamento delle fasi di spesa;
 
e)    la tracciabilità informatica di tutte le varie fasi del processo, sia al fine di azionare alert, sia al fine di rendere trasparenti tutte le attività svolte.
La ricostruzione del Ponte Morandi dimostra che cambiare è possibile: occorrono visione strategica, modelli organizzativi innovativi e capacità gestionale. Solo agendo su semplificazione, digitalizzazione, competenze e coordinamento, l’Italia potrà trasformare l’eccezione in regola e rendere la realizzazione delle opere pubbliche un processo efficiente, trasparente e al servizio dello sviluppo del Paese.

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