Presidente Cota, è passato un anno dalla sua elezione a governatore e proprio lunedì ha deciso di lanciare quella che lei ha chiamato «operazione verità» sui conti regionali, dove tra entrate sovrastimate, debiti cancellati e crediti inesigibili ha calcolato che il buco ammonta a due miliardi. Si aspettava una situazione così pesante? Sentivo che c’erano grosse criticità, ma francamente non credevo che fossero di queste proporzioni. Voi imputate alla giunta Bresso gravi responsabilità politiche, di cattiva gestione della macchina. Ma state considerando la possibilità di agire anche per vie legali? Valuteremo anche questo aspetto, anche se non è la mia priorità. Il mio compito è quello di spiegare ai piemontesi cosa è successo e tirarli fuori da una situazione preoccupante; per il resto, non cerco vendette. Avete annunciato una manovra straordinaria di risanamento, ma anche di rilancio: come si fa a rilanciare con i conti così in rosso? Restituendo alla Regione il ruolo che le spetta. Cioè? Negli ultimi anni ha rappresentato unicamente un centro di potere e di consenso, che ha gestito entrambi attraverso la spesa. Noi, invece, intendiamo renderla un ente in cui si programmano investimenti, anche di medio-lungo periodo. Però così facendo dovrete dire un sacco di no. Siete pronti? Questo e altro, pur di superare la logica della regione-bancomat. Faccia qualche esempio. I trasferimenti ai comuni: in futuro non saremo in grado di garantire lo stesso ammontare del passato, per questo abbiamo costituito una task force presso Finpiemonte e Finpiemonte partecipazioni per aiutare le amministrazioni a reperire i fondi altrove, per esempio attraverso il project financing. Un altro esempio? La cultura: meno risorse agli eventi, più al recupero del patrimonio storico-artistico. La manovra straordinaria sul bilancio è in fase di studio. Ma sarà dell’ammontare di due miliardi, così come il buco da smaltire? L’ordine di grandezza non può che essere quello. State valutando un intervento sul patrimonio immobiliare? Per forza, anche se voglio chiarire che valorizzeremo, e non svende remo. Il progetto del grattacielo va avanti? Sì, perché gli sprechi sono già stati fatti in passato, e bloccare l’opera adesso significherebbe privare l’economia cittadina di un’occasione comunque importante. Il decreto sul fisco regionale prevede ampie possibilità di manovra alle regioni sull’Irap a partire dal 2013. La ridurrete come avete promesso in campagna elettorale? Faremo il possibile, con questa situazione non voglio assumermi impegni che non posso mantenere. Abbiamo già effettuato la riduzione per le imprese che assumono e per quelle che si trovano in aree disagiate, se sarà possibile allargheremo la misura dell’intervento. Altra questione delicata: i derivati in essere con le banche a copertura delle obbligazioni regionali. Se dalle consulenze in corso emergeranno profili di illegittimità siete pronti a far causa alle banche? Siamo pronti a tutto, ma non ci muoveremo al buio: ricorreremo ai giudici solo se avremo se sapremo di poter vincere e ottenere quel che ci spetta. Intorno alla Bertone il clima si sta surriscaldando. Sarebbe disposto a imbastire una mediazione di tipo politico tra azienda e sindacati? Sono pronto a prendermi qualunque tipo di incarico purché si apra un margine reale di trattativa tra le parti. È sempre dell’idea che tra Lione e Milano sia meglio guardare a Milano? Tra Lione e Milano è meglio guardare a Torino. Però Torino dovrà pur guardarsi intorno, e in passato lei ha fatto chiaramente capire di essere più interessato al blocco padano che all’euroregione con i francesi. Ha cambiato idea? Guardi, con i francesi io non ho nessun problema a ragionare e confrontarmi. Però credo che la priorità sia un’altra, e cioè quella di creare un blocco comune composto da Piemonte, Lombardia, Veneto più la Liguria se sarà interessata, per risolvere insieme le grandi sfide che le vedono protagoniste insieme: il lavoro, l’economia, le infrastrutture. Tutto il resto, secondo me, deve venire dopo.
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