Al Comune 30 giorni per bloccare i lavori

Fonte: Il Sole 24 Ore del lunedì

Anche di fronte a interventi realizzati in edilizia libera o con una semplice comunicazione o segnalazione di inizio attività, senza quindi un esplicito controllo e assenso del Comune, all’ente locale restano dei poteri di intervento di fronte a opere illegittime. Ma come può il Comune intervenire quando l’intervento edilizio è già partito?
Una risposta si può certamente ricavare dalla sentenza 188/2012, con cui la Corte costituzionale, dando una interpretazione autentica del l’articolo 19 della legge 241/1990, ha definito l’ambito dei poteri di intervento delle amministrazioni.
La Regione Emilia Romagna aveva paventato l’illegittimità costituzionale della norma se interpretata nel senso che, decorso il termine di 30 giorni concesso dal comma 3 per inibire la prosecuzione dell’attività e non ricorrendo nessuna delle ipotesi tassative indicate dal comma 4, all’amministrazione fosse preclusa la repressione di abusi edilizi esercitando il potere di autotutela.
Secondo la Consulta, l’articolo 19 può e deve essere letto nel senso che il decorso del termine di legge non esclude affatto il ricorso all’autotutela previsto dal comma 3, il quale si aggiunge alla ulteriore potestà di intervento configurata dal comma 4, esercitabile «in caso di pericolo di danno per gli interessi ivi indicati».
L’esame della disposizione, infatti, deve essere effettuato inserendola «nel più ampio contesto costituito dalla configurazione normativa dei poteri amministrativi di repressione dell’abuso edilizio con cui il legislatore ha inteso accompagnare e completare la riforma dei titoli abilitativi all’edificazione, culminata con l’introduzione della segnalazione certificata di inizio attività».
La sentenza evidenzia come proprio il rilevante interesse costituzionale di garantire un armonico sviluppo del territorio e preservarne l’integrità, abbia indotto il legislatore ad introdurre «un rimedio che, per i casi di più grave sacrificio del bene pubblico, possa consentire di superare l’affidamento ingenerato dalla Scia».
Negli stessi termini si è espressa di recente anche la giurisprudenza di merito. Il Tar Emilia Romagna (sezionediBolognasentenza 272/2912), ha evidenziato come indipendentemente dalla natura giuridica della Dia (o della Scia), il mancato rispetto del termine di legge di 30 giorni «comporta la definitiva preclusione dell’esercizio del potere vincolato di controllo inibitorio potendo venire in rilievo soltanto il discrezionale potere di autotutela».
Questo sarebbe «l’unico concreto vantaggio per il privato, in termini di tempestività del l’azione amministrativa e conseguentemente di certezza e di affidamento, che ha indotto il legislatore a sottoporre alcuni interventi edilizi alla più snella disciplina della Dia in luogo del procedimento necessario, per altri interventi edilizi più rilevanti, di un titolo abilitativo espresso».
Alla luce di tali pronunce è quindi possibile individuare distinte possibilità di intervento per la Dia e per la Scia in materia edilizia:
eil potere inibitorio di carattere generale, esercitabile nel termine di 30 giorni (articolo 19, commi 3 e 6-bis, legge 241/1990, e articolo 23, comma 6, del Testo unico), in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l’avvio dell’attività, salva la possibilità per il privato di conformarsi alle previsioni di legge;
rla specifica potestà di intervento contemplata dall’articolo 19, comma 4, esercitabile anche dopo il decorso del termine di 30 giorni, ma unicamente nel caso di pericolo di danno per:
– il patrimonio artistico e culturale;
– l’ambiente;
– la salute ;
– la sicurezza pubblica;
– la difesa nazionale;
sempre con possibilità di conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente;
til generale potere di autotutela, anche questo esercitabile dopo lo scadere dei 30 giorni e nel rispetto dei presupposti indicati agli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 241/1990, quindi, nel caso di annullamento di ufficio, comunque entro un termine ragionevole.
A tali poteri, inoltre, andrebbero aggiunte le possibilità di intervento previste dall’articolo 27 del Testo unico, visto l’esplicito richiamo dell’articolo 19, comma 6-bis alle disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni di cui al Dpr 380/2001 e alle leggi regionali in materia.
La vigilanza e il potere di autotutela sono senz’altro esercitabili anche nelle ipotesi di attività di edilizia libera, laddove questa non risulti rispettosa dei parametri indicati dall’articolo 6 del Testo unico.

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