a ruralità salva la casa dall’Ici

Fonte: Italia Oggi

A prescindere dalla categoria assegnata (A/6 e D/10) e dal possesso di una rendita, il fabbricato mantiene la qualificazione rurale, con la conseguente esenzione da tassazione, sia diretta che per tributi locali (Ici e Tia), se rispettoso dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla disciplina speciale. Sul tema è opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 1, dlgs 30/12/1992 n. 504, istitutivo del tributo locale (Ici), presupposto per l’applicazione dell’imposta è il possesso (proprietà o diritto reale) di fabbricati, nonché di aree fabbricabili e terreni agricoli, collocati sul territorio dello Stato italiano, a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali o alla cui produzione e scambio è diretta l’attività d’impresa (immobili merce). Peraltro, l’argomento risulta di estrema attualità stante la necessità di procedere, ai sensi dell’art. 19, dl n. 78/2010, alla regolarizzazione dei fabbricati che hanno perso i requisiti per il riconoscimento della ruralità, entro il prossimo 31 dicembre, dopo la pubblicazione avvenuta lo scorso 30 settembre degli elenchi completi a cura del Territorio (si veda ItaliaOggi, 30/9/2010) delle case non censite o irregolari. Ruralità – Per quanto concerne la ruralità, l’art. 9, dl n. 557/1993, convertito dalla legge 26/02/1994 n. 133, come ulteriormente modificato dal dpr 23/03/1998 n. 139, distingue soltanto i fabbricati a destinazione abitativa (comma 3) da quelli strumentali all’esercizio delle attività agricole, di cui all’art. 2135 c.c. (comma 3-bis), richiedendo, nel primo caso, il rispetto contemporaneo di requisiti «soggettivi» (imprenditore agricolo iscritto al registro delle imprese, persone addette alla coltivazione della terra, familiari conviventi a loro carico, titolari di trattamenti pensionistIci da attività lavorativa in agricoltura e da lavoratori agricoli subordinati) come indicato anche dal Territorio (circ. 15/06/2007 n. 7/E § 3.1) e oggettivi (mq. del terreno asservito, volume d’affari Iva, ecc.), mentre nel secondo caso solo il rispetto dei requisiti oggettivi, relativamente alla destinazione d’uso (si veda tabella). Per i fabbricati posseduti dalle cooperative agricole è stato l’art. 42-bis, del dl 1/10/2007, n. 159, che ha modificato ulteriormente l’art. 9 richiamato, confermando la ruralità oggettiva ai fabbricati posseduti dalle cooperative agricole di trasformazione e di servizi. Infine, il comma 1-bis, dell’art. 23, dl 30/12/2008 n. 207 (c.d. decreto mille proroghe), convertito nella legge 27/02/2009 n. 14, ha fornito un’interpretazione autentica delle disposizioni sulla ruralità, stabilendo che non si devono considerare fabbricati (ai fini tributari) gli immobili, anche se iscritti o iscrivibili nel catasto fabbricati, per i quali ricorrono i requisiti (soggettivi e/o oggettivi) indicati nell’art. 9, del dl n. 557/1993. Sul tema, anche l’Agenzia delle entrate si era espressa a suo tempo (circ. 21/03/2000 n. 50/E), ritenendo non assoggettabili ad imposte, anche locali, i fabbricati rurali, ancorché dotati di rendita ed iscritti nel catasto fabbricati; tesi condivisa anche dall’Agenzia del Territorio (circ. 15/06/2007 n. 7/T) che ha precisato che la rendita catastale assume rilevanza tributaria soltanto se il fabbricato perde la natura rurale, come disposto dall’art. 9, dl n. 557 del 1993. Si aggiunge, inoltre, la recente nota 26/02/2010 n. 10933 del Territorio che ha chiarito, senza alcun dubbio, che i fabbricati rurali non sono soggetti al tributo locale (ma anche all’imposizione diretta) nei casi in cui gli stessi risultino in possesso dei requisiti indicati dall’art. 9, dl n. 557/1993, indipendentemente dalla categoria catastale attribuita all’immobile (tesi confermata anche dalla recente Ctp di Treviso, con sentenza 26/07/2010 n. 84/03/10). La giurisprudenza di legittimità – Sul tema è opportuno ricordare che prima della Cassazione, la Corte Costituzionale era intervenuta sul comma 4, dell’art. 2, della legge 24/12/2007 n. 244 (Finanziaria 2008) riconoscendo l’incostituzionalità della disposizione inerente l’irripetibilità delle somme corrisposte a titolo di Ici dalle cooperative agricole e confermando la possibilità, concessa alle stesse, di ottenere il rimborso del tributo locale, eventualmente pagato su immobili rispettosi dei requisiti di ruralità. Purtroppo, però, l’affermazione rafforzata dei giudIci della Cassazione a sezione unite (sentenza 21/08/2009 n. 18565), che tiene anche conto di quanto sancito dalla Consulta, presenta un altro scoglio per il contribuente richiedendo, quale ulteriore condizione per il riconoscimento della ruralità, e di conseguenza dell’esenzione dal pagamento dei tributi, l’inquadramento della costruzione rispettivamente nella categoria A/6 (per quelli a destinazione abitativa) e nella categoria D/10 (per quelli strumentali alle attività agricole). Peraltro, i giudici supremi non hanno preso atto della caduta in disuso dichiarata dallo stesso Territorio e della soppressione, di fatto, della categoria A/6 richiesta per i fabbricati a destinazione abitativa (Ministero delle Finanze ? Catasto e servizi Tecnici Erariali ? circ. 14 marzo 1992 n. 5/T) e di quanto sancito, sia dalle disposizioni, di cui all’articolo 9, dl n. 557/1993, nonché dei chiarimenti forniti sia dall’Entrate che dal Territorio. Sul punto, anche la dottrina, nel rispetto di quanto sancito dalle disposizioni dell’articolo 9, dl n. 557/1993 e dopo l’intervento a cura del comma 1-bis, dell’articolo 23, dl n. 207/2008, ha confermato l’esenzione ai fini Ici «fin dall’origine» e «senza alcun limite» dei fabbricati rurali, non dovendo tenere conto dell’inquadramento catastale della costruzione, ma solo del rispetto del requisito oggettivo in presenza di immobili strumentali all’esercizio delle attività agricole, a prescindere dal possessore dello stesso, e dei requisiti soggettivi e oggettivi in presenza di unità a destinazione abitativa.

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