Troppo lunghi i tempi di pagamento della PA in Italia

di Paola Morigi

Un recente comunicato del Ministero dell’economia e delle finanze – che ha pubblicato il saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali(1) – e un intervento della CGIA di Mestre sui debiti della PA nei confronti dei fornitori privati ci offrono lo spunto per alcune considerazioni su un argomento che interessa da vicino le imprese fornitrici di beni e servizi alla PA.

Tempi di pagamento della PA

Il tema che vorremmo richiamare è proprio quello dei tempi di pagamento della PA – nazionale e locale – che purtroppo non hanno eguali in altri Paesi, nel senso che, pur avendo migliorato un triste primato, ancora alla fine del 2015 risultavano debiti verso fornitori privati per complessivi 65 miliardi di euro, 31 dei quali aventi natura “fisiologica”  ̶  nel senso che non erano stati liquidati perché ancora non erano trascorsi i 30 giorni (o 60 in alcuni casi) dalla data di emissione della fattura  ̶  ma 34 miliardi erano dovuti a ritardi nei pagamenti.
Sulla materia da tempo sono più volte intervenute le istituzioni comunitarie, che hanno diramato direttive tese a ridurre i tempi di pagamento dei fornitori. Le direttive sono state recepite dal legislatore nazionale con il d.lgs. 231/2002 e successivamente con il d.lgs. 192/2012. Semestralmente si pubblica in “Gazzetta ufficiale”(2) il saggio di interesse che deve essere applicato nel caso non venga rispettato il termine di 30 giorni fissato per i pagamenti.
I dati periodici pubblicati da Eurostat e dalla Banca d’Italia hanno fornito nei giorni scorsi l’occasione alla CGIA di Mestre – che già ad agosto 2016 era intervenuta sul tema, denunciando i tempi di pagamento particolarmente lunghi che interessano la sanità ed una serie di Comuni  ̶  per riprendere il tema e ricordare che in Italia lo stock dei debiti commerciali rappresentava a fine 2015 il 3% del Pil, contro una percentuale che in Spagna era pari all’1,3% del Pil e in Germani e Francia all’1,2%…

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