MAGGIOLI EDITORE - La Gazzetta degli Enti Locali


Responsabilità da aumento
Corte dei conti Lazio - Coinvolti segretario generale, vertici politici e revisori di una Camera di commercio

Se non rispetta i vincoli dettati dai contratti collettivi, l’aumento delle retribuzioni di posizione dei dirigenti fa nascere la responsabilità amministrativa. È questo il principio che, per la prima volta, ha stabilito la Corte dei conti del Lazio, con la sentenza 714 del 2 maggio 2011, resa nota solo nei giorni scorsi. Da sottolineare che la sentenza prende spunto dai rilievi mossi dagli ispettori della Ragioneria generale dello Stato a una Camera di commercio. Nel caso specifico l’ente ha deliberato, come consentito dal contratto collettivo nazionale nel caso di strutture che hanno un elevato grado di complessità, il superamento del tetto massimo della retribuzione di posizione per i dirigenti. Tale incremento, che ovviamente deve essere finanziato dal fondo per le risorse decentrate della dirigenza, non risulta però adeguatamente motivato. In particolare, il semplice richiamo alla «evoluzione della struttura organizzativa» non può in alcun modo essere considerato sufficiente. Inoltre, nel caso specifico manca un diretto e immediato collegamento tra un fatto o, per meglio dire, una specifica misura organizzativa e la deliberazione di incremento del fondo per la contrattazione decentrata integrativa. Bisogna considerare, ci dicono i giudici contabili, che non è «ragionevole pensare di poter incrementare la misura di tale retribuzione ad ogni accrescimento delle funzioni dirigenziali, ma occorre in via aggiuntiva sostanziare la relativa motivazione con ulteriori e puntuali indicazioni sulla complessità dell’ente». L’illegittimità dell’atto è accentuata dalla scelta dell’ente di incrementare il fondo in misura da potere finanziare questo onere aggiuntivo. E, ancora, dal fatto che l’incremento è stato ulteriormente aumentato a causa della sua illecita estensione anche alla 13ª mensilità. Inoltre, prosegue la Corte dei conti, non si deve «dimenticare che l’azione amministrativa deve sempre rispondere ai canoni di efficacia ed economicità di cui all’articolo 1, legge 241/90, criteri che assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera opportunità». Non è assolutamente sufficiente la volontà dell’ente, il quale «ritiene comunque di premiare l’impegno profuso dai dirigenti nella migliore realizzazione degli obiettivi strategici fissati dall’Organo di governo e nella efficace, efficiente ed economica gestione dell’attività amministrativa». In questo caso, sempre nell’ambito delle risorse previste dal fondo, occorreva provvedere all’aumento della retribuzione di risultato, ovviamente in presenza della condizione (che non non si era peraltro concretizzata nel caso specifico) che fossero stati preliminarmente assegnati gli obiettivi. La responsabilità matura in primo luogo in capo al segretario generale dell’ente, sia come beneficiario dell’aumento che come soggetto proponente la deliberazione. Egli, dicono i giudici, si è «guardato bene dall’esprimere dubbi di legittimità della delibera essendone il diretto beneficiario». La responsabilità amministrativa si estende ai vertici politici che hanno assunto il relativo provvedimento, nonché ai revisori dei conti che hanno omesso il necessario controllo: «la delibera è un emblematico esempio di acrobazia amministrativo-contabile per mascherare l’illecita utilizzazione di risorse finanziarie pubbliche. Specchio della gravità del comportamento dei membri della Giunta, ma anche dei revisori dei conti, oltre a quella del segretario generale, è proprio la tesi difensiva secondo la quale il controllo di legittimità del contenuto deliberativo che si sarebbe dovuto adottare spettava ad altri». Questo “scaricabarile” diventa per la Corte dei conti l’elemento sufficiente per considerare presente il requisito della colpa grave.

La sentenza

01|IL PRINCIPIO La responsabilità amministrativa è derivata dal superamento del tetto massimo delle retribuzioni di posizione dei dirigenti che, secondo quanto rilevato dalla Corte dei conti del Lazio (sentenza 714 del 2 maggio 2011), non rispetta i vincoli dettati dai contratti collettivi. In particolare, l’incremento è consentito per le strutture con un elevato grado di complessità e non può essere legato al solo accrescimento delle funzioni dirigenziali. Nel caso specifico esso non è stato adeguatamente motivato con ulteriori e puntuali indicazioni sulla complessità dell’ente.

02|ILLEGITTIMITÀ L’illegittimità dell’atto è accentuata dalla scelta di incrementare il fondo per le risorse decentrate della dirigenza allo scopo di finanziare l’onere aggiuntivo. Inoltre, non è sufficiente la volontà dell’ente di premiare l’impegno profuso dai dirigenti nella migliore realizzazione degli obiettivi strategici, nel qual caso, nell’ambito delle risorse previste dal fondo, si sarebbe dovuto provvedere all’aumento della retribuzione di risultato, a patto che gli obiettivi fossero stati preliminarmente assegnati (cosa che non si era verificata nella circostanza specifica).

03|COLPA GRAVE Il segretario generale viene considerato responsabile come beneficiario dell’aumento e come soggetto proponente la deliberazione. La responsabilità amministrativa si estende ai membri della Giunta che hanno assunto il provvedimento e ai revisori dei conti per omesso controllo. Secondo i giudici contabili l’elemento sufficiente per determinare il requisito della colpa grave sta in uno “scaricabile” , cioè nella tesi difensiva, adottata dai vari soggetti coinvolti, secondo cui il controllo di legittimità del contenuto deliberativo spettava ad altri.


www.lagazzettadeglientilocali.it