Sono poche e corte le piste ciclabili italiane, ancora lontane dal modello Ue

Piste ciclabili: delizia di ambientalisti e appassionati di bici, croce di amministrazioni locali non sempre in grado di portare avanti una politica della mobilità alternativa. Quelle realizzate spesso cadono nell’incuria o finiscono nel nulla dopo qualche centinaio di metri: in Italia, solo otto città hanno piste ciclabili più lunghe di 100 km, mentre la sola Helsinki possiede una rete ciclabile di oltre 1.500 km e quelle di Stoccolma e Hannover misurano circa 750 km.
Bologna, con i suoi 117 km di piste, è fra le città che hanno investito maggiormente sulla ciclabilità, mentre Torino, con 175 km di piste ciclabili è, insieme a Roma (115 km), la grande città italiana con la più estesa rete ciclabile. Eppure, secondo il portavoce nazionale di Legambiente Alberto Fiorillo, è proprio Roma la città che presenta più problemi dal punto di vista della ciclabilità, “perché è una città congestionata che avrebbe bisogno di investire seriamente in politiche di mobilità alternativa”.
“Invece – aggiunge Fiorillo – l’unica pista ciclabile in corso di realizzazione è la Roma-Ostia, che dal punto di vista della mobilità non risolverà niente, perché difficilmente i pendolari rinunceranno alla macchina per farsi in bici tutti quei chilometri. Sarebbe invece utile realizzare piste ciclabili a via Nazionale o a Viale Trastevere, ma di questo non si parla”.
La pista ciclabile non è però la panacea di tutti i mali legati allo scarso ricorso degli italiani alla bicicletta. Secondo Fiorillo, “spesso si tratta solo di infrastrutture da inaugurare, realizzate con il fondo rosso perché spicca di più in tv”, mentre quello che servirebbe davvero è una politica della ciclabilità che non sempre è strettamente collegata alla realizzazione di piste ciclabili.
Secondo i dati Legambiente, dal 2000 al 2010 l’estensione delle piste ciclabili urbane italiane è triplicata, ma la percentuale di spostamenti urbani in bici è rimasta identica, ferma al 3,8%. “Investire nella ciclabilità di una città – spiega Fiorillo – significa estendere le zone pedonali e, soprattutto, abbattere la velocità dei veicoli attraverso l’intensificazione dei controlli, il ricorso a cunette, dune, pavimentazioni diversificate e l’aumento delle ‘zone 30’, dove il limite di velocità sia fissato a 30 km/h”. Solo in questo modo si aumenterebbe il senso di sicurezza dei cittadini, che indicano proprio il pericolo come il motivo principale che li induce a rinunciare alla bicicletta.
Eppure in Italia, alcuni esempi virtuosi ci sono: sono Reggio Emilia, Bolzano, Padova, Ferrara e Lodi le città più ciclabili. A Padova, per esempio, c’è la più alta densità di vie ciclabili, con 140mila spostamenti ciclistici giornalieri. Nella regione Emilia Romagna, i percorsi per le due ruote sono aumentati dai 405 km del 2000 ai 1.031 del 2008 e a Ferrara i ciclisti urbani sono un terzo della popolazione.
Anche a Milano si sta assistendo a un’inversione di tendenza spontanea: “copiando la tendenza delle capitali europee, i milanesi sono saliti sul sellino, più per moda che per convinzione. Il risultato però è soddisfacente. La maglia nera va invece a Roma, Napoli, Palermo e altre città del sud”, conclude Fiorillo, portavoce di Legambiente.

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