Scuole bonificate dall’amianto

A breve, probabilmente già “da ottobre” partirà una seria opera di bonifica dall’amianto nelle scuole italiane. Lo assicura il Ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini in una intervista, dopo che un’inchiesta aveva denunciato “la scomparsa dei fondi per risanare le scuole dall’amianto”. Per quanto riguarda i fondi per l’operazione, si tratta di “375 milioni di euro che ha già  sbloccati il Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, destinandoli a “interventi urgenti per l’edilizia scolastica. Si tratta della prima di tre tranches che alla fine dovrebbero garantirci finanziamenti per 800 milioni di euro”. “Saremo noi, come ministero, a dare una certa priorità alla rimozione delle strutture a rischio, a occuparci subito delle 2.400 scuole con presenza di amianto – ha proseguito il Ministro Gelmini – Diciamo che anche gli enti locali hanno le loro responsabilità, non solo il Governo centrale. Molte scuole non sono dello Stato, ma di competenza di province e comuni. E quindi dovrebbero essere province e comuni ad occuparsi in tutto e per tutto della loro manutenzione, amianto compreso. Ecco, in un momento come questo vorrei fare un forte richiamo alla corresponsabilità”. Quasi pronta anche “l’anagrafe dell’edilizia scolastica”, questione “di pochi mesi”. Servirà “a mettere davvero in sicurezza le scuole italiane”.
Sempre a proposito di scuola (ma non solo) da segnalare un’interessante studio degli artigiani di Mestre secondo i quali grazie all’unione nella gestione dei servizi da parte dei piccoli comuni, stabilita dalla manovra economica approvata dal Parlamento, si potranno risparmiare fino a 1,5 miliardi di euro. “I comuni con meno di 5.000 abitanti dovranno mettersi assieme per ridurre le spese fondamentali che al momento incidono per il 78% circa delle spese totali di questi piccoli enti. In termini numerici -ricorda la Cgia di Mestre- i comuni con meno di 5.000 abitanti sono 5.700 (pari al 70,5% del totale dei comuni italiani) e vi abitano poco più di 10.300.000 persone (pari al 17,3% della popolazione italiana)”. “In queste piccole realtà municipali sotto i 5.000 abitanti, la spesa corrente è tra le più elevate: attualmente è pari a 826 euro pro capite, a fronte dei 667 e dei 666 euro registrati nelle classi demografiche immediatamente superiori (5-10.000 e 10-20 mila) Tra le varie classi di ampiezza demografica i più ‘spendaccioni’, come era naturale attendersi, sono i Comuni con oltre 60.000 abitanti con un valore pro capite di 1.091 euro”, continua la Cgia. “Obiettivo del provvedimento -continua la Cgia di Mestre- è quello di ridurre la spesa delle seguenti funzioni fondamentali: amministrazione, gestione e controllo; polizia locale; istruzione pubblica e asili nido; viabilità e trasporti; territorio e ambiente (esclusi l’edilizia residenziale pubblica locale e il servizio idrico integrato); settore sociale”. Alla luce di queste indicazioni, la Cgia ha stimato il possibile risparmio per le casse comunale di queste piccole realtà.”La gestione associata delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni -spiega Giuseppe Bortolussi coordinatore dell’elaborazione fatta dall’Ufficio studi della Cgia- dovrebbe comportare un significativo risparmio di spesa rispetto alla situazione attuale. Non è semplice effettuare una stima in tal senso, in quanto si dovrebbe disporre della mappa territoriale delle possibili aggregazioni comunali”. “Tuttavia -continua Bortolussi- è ipotizzabile che i risparmi teorici siano nell’ordine dei 1,20-1,47 miliardi di euro, a seconda che le economie di scala investano solamente le spese di funzionamento -1.205 milioni di euro- oppure il totale delle spese correnti – in questo caso 1.469 milioni di euro- . Ad una tale stima si è giunti ipotizzando che i piccoli municipi, attraverso la gestione associata delle funzioni fondamentali, spendano come i comuni della classe dimensionale immediatamente superiore, ovvero quella tra i 5 e i 10mila abitanti”.

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