Sconto da 1,5 miliardi sul patto di stabilità

Fonte: Il Sole 24 Ore

Un miliardo liberato per il pagamento delle opere pubbliche nel 2014, una dote aggiuntiva da 500 milioni per le fatture arretrate, e dal gettito dell’Imu «statale» (quella su capannoni e alberghi) un miliardo per il Fondo di solidarietà, che sarà distribuito anche tenendo conto (per il 20%) dei «fabbisogni standard» già approvati; i vincoli del Patto, poi, si estendono a società e aziende speciali controllate degli enti locali e titolari di affidamenti diretti, mentre un nuovo blocco alle operazioni in derivati lascia intatta la possibilità di chiudere in anticipo gli swap o di adattarli ai cambiamenti del sottostante.

Nelle bozze di legge di stabilità circolate ieri, le regole per la finanza locale mantengono in linea generale le previsioni della vigilia, anche se devono ancora trovare un assetto definitivo. Il menu è accolto per ora dagli amministratori locali con guardingo ottimismo: «Stop ai tagli, soprattutto lineari; ben venga invece l’annunciato allentamento del patto di stabilità», riassume il vicepresidente Anci Alessandro Cattaneo, sindaco di Pavia. Il cuore del capitolo dedicato ai bilanci di Comuni e Province sono le misure per ridare un po’ di fiato agli investimenti locali e alle imprese che li realizzano: per centrare l’obiettivo, e per evitare il riformarsi dell’arretrato che il decreto «sblocca-debiti» ha iniziato a smaltire, viene escluso dal Patto 2014 un miliardo di euro da destinare ai pagamenti in conto capitale. La bozza parla solo del prossimo anno, ma si lavora anche per disegnare una prospettiva triennale, da un miliardo all’anno: la distribuzione di queste risorse dovrebbe seguire la programmazione degli enti, che entro metà febbraio sarebbero chiamati a comunicare la cifra di cui hanno bisogno. La ripartizione degli sconti sarebbe quindi proporzionale alle richieste e, grazie anche ai monitoraggi che la Ragioneria ha già avviato dopo lo sblocca-debiti, escluderebbe le amministrazioni non puntuali sui pagamenti effettivi, tagliando fuori chi non abbia liquidato entro l’anno almeno il 90% dei bonus ottenuti.

Il tentativo di guardare al futuro prossimo non porta comunque a dimenticare il nodo degli arretrati fino al 2012, che nella bozza trovano una dote da 500 milioni aggiuntiva a quelle messe in campo con il decreto «sblocca-debiti» e con gli interventi successivi. Questi soldi serviranno a pagare i debiti in conto capitale maturati fino al 31 dicembre 2012 (compresi quelli che presentavano i requisiti per il riconoscimento come debiti fuori bilancio), in base alle richieste che saranno presentate entro il 31 marzo. Rispunta, in questa chiave, una norma per i ritardatari: i ragionieri capo dei Comuni che non pagano entro l’anno il 90% dei bonus ottenuti rischiano una sanzione pari a due stipendi, se la Corte dei conti (su segnalazione dei revisori) ne accerta la responsabilità.

Sul resto, le regole-base del Patto resterebbero le stesse, con un aggiornamento della base di calcolo (spesa corrente 2009-2011) che può cambiare la situazione nei singoli enti ma a livello complessivo viene accompagnata da una piccola revisione dei parametri. Il Patto, però, pare destinato a estendersi anche alle controllate, intese come società, aziende speciali e istituzioni in cui più dell’80% del valore della produzione arriva da attività in affidamento diretto, e in cui gli enti territoriali hanno partecipazioni maggioritarie o comunque possono nominare più del 50% degli organi di governo o vigilanza. Quando si verificano entrambi i requisiti, la bozza di Patto impone l’obiettivo di un bilancio non in rosso (in termini di margine operativo lordo o di saldo finanziario per le realtà in contabilità pubblica): se il traguardo non viene raggiunto, lo sforamento si scarica sull’obiettivo di bilancio dell’ente controllante, e la società deve bloccare le assunzioni, frenare i costi operativi (entro la media dell’ultimo triennio) e tagliare del 30% i compensi del cda. Non solo: lo sforamento per due anni consecutivi costituisce giusta causa di revoca degli amministratori, e i revisori degli enti locali (sulla scia di quanto previsto nel Dl 174/2012) devono mandare alla Corte dei conti una relazione annuale sui risultati delle partecipate. Ancora incerta, invece, è l’applicazione di un secondo obiettivo, legato allo stock di debito, complicato anche dal fatto che ogni settore di attività ha dinamiche proprie.

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