Rischio addizionali per 3 miliardi

Fonte: Il Sole 24Ore

Può valere fino a tre miliardi di euro all’anno la libertà fiscale che i Comuni riacquisteranno dal 2012 grazie alla manovra-bis approvata una settimana fa, dopo i primi movimenti registrati quest’anno e riservati ai sindaci che prima del blocco avevano fermato l’addizionale Irpef del proprio ente sotto quota 4 per mille. La cifra, che torna di stringente attualità dopo il binomio fra nuova stretta sul patto e sblocco delle aliquote offerto dalla manovra, si ricava facilmente se si guarda quanto ha prodotto fino a oggi l’addizionale dei sindaci: nel 2010, quando le aliquote erano ancora congelate, l’Irpef dei Comuni ha fruttato 2,85 miliardi, con un’aliquota media (compresi i 1967 enti che non l’applicavano) dello 0,38 per cento: la possibilità immediata per tutti di arrivare allo 0,8, quindi, porta a raddoppiare le cifre in gioco. Non tutti, naturalmente, sfrutteranno subito la nuova “opportunità”, anche se la stessa associazione dei Comuni nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme su un tema che di solito non ama pubblicizzare: il 54,7% degli enti, in base allo studio Ifel sugli effetti della nuova manovra, potrebbe essere costretto a portare al massimo l’aliquota, e per molti di loro la misura potrebbe non bastare. Per attenuare il rischio, sottolineano dalle amministrazioni locali, bisogna dar seguito all’ordine del giorno approvato alla Camera insieme alla manovra che chiede di ridiscutere parametri e regole del Patto di stabilità. Braccio di ferro fra livelli di governo a parte, sono ancora una volta i numeri a chiarire i contorni del «rischio fiscale» che può prospettarsi all’orizzonte: con l’anticipo al 2012 della stretta sui conti prima prevista per il 2013, dall’anno prossimo i Comuni dovranno portare un contributo alla manovra che oscilla fra i 5,2 e i 5,7 miliardi, a seconda della sorte che incontrerà il gettito della Robin Tax e il conseguente “sconto” previsto per il 2012; in un quadro come questo, avere a disposizione una “riserva” fino a 3 miliardi può tornare utile, con il risultato di replicare anche nei bilanci locali il panorama di una manovra che punta sulle entrate più che sulle riduzioni di spesa. Nell’ottica del federalismo fiscale, la libertà totale sulle aliquote sarebbe dovuta arrivare insieme all’applicazione diffusa dei fabbisogni standard, in modo da costringere i sindaci a fornire giustificazioni convincenti ai cittadini prima di alzare le richieste sui redditi. L’emergenza dei conti pubblici ha modificato il calendario, spingendo Governo e Parlamento a offrire subito il via libera sull’Irpef nella speranza (per ora vana) che il do ut des abbassasse un po’ la temperatura dello scontro istituzionale. Da Milano, dove l’assessore al Bilancio Bruno Tabacci ha appena confermato che mancano 450 milioni per far quadrare i conti, mentre si è ancora in attesa di una deroga al Patto per le nuove metropolitane legate a Expo 2015, a Ferrara, dove il sindaco ha già spiegato che l’aumento Irpef è «inevitabile», il rischio è diffuso, e l’esperienza vissuta quest’anno lo conferma: la «semi-libertà» garantita dal federalismo fiscale, che ha permesso di ritoccare (alzando al massimo del 2 per mille le aliquote che non arrivavano al 4 per mille) nonostante le poche settimane di tempo concesse agli amministratori, è stata sfruttata in 438 casi (in 154 hanno introdotto un’addizionale che prima non c’era, come per esempio a Brescia), cioè nel 14% dei Comuni dove la misura era applicabile: solo 22, invece, le amministrazioni che hanno abbassato la richiesta. Dopo i Comuni, toccherà alle Regioni: anche per loro lo sblocco arriva nel 2012, senza superare il tetto dell’1,4%, ma il limite è destinato a crescere progressivamente fino a poter raggiungere il 3% nel 2015.

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