Rifiuti napoletani verso i Paesi Bassi: perché agli olandesi conviene

«L’Olanda accoglie di buon grado i rifiuti napoletani perché non dispone più di sufficienti quantitativi di combustibile per i propri inceneritori». Non usa mezzi termini, Michele Bertolino di Legambiente, responsabile del settore rifiuti per la sezione piemontese dell’associazione ed esperto di impianti di incenerimento e di politiche internazionali di gestione della spazzatura. I termovalorizzatori dei Paesi Bassi, spiega l’ambientalista, hanno una capacità di trattamento «superiore del 40% rispetto alle attuali esigenze nazionali», una situazione piuttosto diffusa anche nel resto d’Europa, dove il progressivo incremento della raccolta differenziata ha via via ridotto la disponibilità di materiale da bruciare negli inceneritori. Con conseguenze immaginabili sulle finanze delle aziende che gestiscono gli impianti e, più ancora, degli enti pubblici che hanno affidato loro gli appalti.
«La maggior parte degli inceneritori – aggiunge a questo proposito Bertolino – si basa sul sistema tariffario del “vuoto per pieno”, che impegna le amministrazioni locali a pagare comunque una certa tariffa minima ai titolari dell’impianto, anche se le quantità di rifiuti conferiti diminuiscono». A causa di questo vincolo contrattuale, quindi, se la quota di indifferenziato cala, e di conseguenza il termovalorizzatore perde combustibile, l’amministrazione deve comunque garantire all’impianto la soglia finanziaria minima stabilita per contratto. Che bruci più o meno spazzatura, in altre parole, l’inceneritore costa comunque alle casse pubbliche almeno una certa cifra di partenza. Tanto vale, a questo punto, metterci dentro i rifiuti di Napoli e provincia, devono aver pensato gli olandesi, che già da qualche anno sono alle prese con una ridotta disponibilità di combustibile, tanto che nel 2010 uno degli impianti di Rotterdam è stato spento proprio per mancanza di materiali da bruciare. Non è un caso, allora, che proprio la seconda città dei Paesi Bassi sia una delle mete della “munnezza” partenopea, insieme all’inceneritore di Delfzijl: 2 linee con una capacità di incenerimento complessiva di 275mila tonnellate all’anno. Troppe, a quanto pare, per un Paese che ormai viaggia verso il 75% di differenziata.
Ma perché, allora, in Olanda sono stati costruiti tutti questi inceneritori? «I Paesi Bassi hanno sempre avuto grandi problemi con lo smaltimento dei rifiuti, a causa della natura del loro territorio – spiega ancora Bertolino – Per anni hanno utilizzato il nord della Germania per le discariche, poi si sono votati agli inceneritori, una scelta che negli anni ‘90 e nel decennio successivo hanno condiviso molti Paesi europei». Solo che nel frattempo le tecniche di riciclo e la coscienza civile dei cittadini hanno fatto passi da gigante, facendo decollare la raccolta differenziata e rendendo “superflui” tutti questi termovalorizzatori. «È un problema comune a molti impianti d’Europa, e dal quale avremmo dovuto imparare anche noi», commenta l’attivista di Legambiente. L’Italia, infatti, ha avviato la “corsa all’inceneritore” in ritardo rispetto agli altri Stati d’Europa, ma, secondo Bertolino, non sta facendo abbastanza per evitare gli errori commessi in passato da Paesi come l’Olanda. «Invece che imparare dagli sbagli altrui, continuiamo a costruire impianti sovradimensionati rispetto alle nostre esigenze, a cominciare da quello del Gerbido (il termovalorizzatore torinese la cui inaugurazione è prevista nel 2013, ndr)».
Il rischio, dunque, è quello di trovarci anche noi, tra qualche anno, a dover importare spazzatura da bruciare, magari accettando tariffe decisamente inferiori al mercato. Come sta avvenendo adesso in Olanda, che smaltirà i rifiuti napoletani a costi «sensibilmente inferiori rispetto a quelli previsti, ad esempio, proprio per il Gerbido». D’altronde, anche l’immondizia è governata dalle leggi del libero mercato, e non è un caso che il Comune di Napoli si ostini a tenere segreto il prezzo concordato con i fiamminghi. Il timore di speculazioni, infatti, è ancora forte, soprattutto alla luce dei problemi che altri Paesi (come l’Inghilterra, tanto per citarne uno) potrebbero avere in seguito alla chiusura delle discariche, e delle trattative che Palazzo San Giacomo potrebbe avviare con altri Stati del Nord Europa per l’invio della spazzatura via mare. «Potrebbe entrare in ballo anche la Germania – ipotizza Bertolino – ma anche la Svezia o la Norvegia, sempre che Napoli riesca a recuperare credibilità in termini di qualità dei rifiuti conferiti e di puntualità dei pagamenti». Quel che è certo, per il momento, è che a breve le prime navi gonfie di immondizia salperanno dal porto di Napoli alla volta dei Paesi Bassi: il sito di stoccaggio provvisorio di via Brin è pronto da tempo, e dal Comune fanno sapere che anche gli adempimenti burocratici sono stati ultimati, almeno per la parte di competenza italiana. Ci sarebbe da chiedersi cosa pensano gli olandesi dell’accordo – più commerciale che solidale – sottoscritto con Napoli, ma per il momento non si hanno notizie di proteste o di scontri. Evidentemente, i fiamminghi conoscono bene le regole del mercato libero.

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