Province, il riordino si complica

Fonte: Italia Oggi

I tempi per il riordino delle province sono molto più lunghi e complessi di quelli desumibili dal decreto sulla spending review.
Uno slittamento dell’attuazione del riordino non è tanto causata dalla mancata adozione del dpcm che, ai sensi dell’articolo 17, comma 6, della legge 135/2012 avrebbe dovuto specificare quali delle funzioni conferite dallo stato alle province, nelle materie di potestà legislativa esclusiva statale, dovessero andare ai comuni, quanto per l’oggettiva complicazione dell’intera procedura.
In molti hanno sottovalutato, probabilmente, il contenuto del comma 9 sempre dell’articolo 17 della legge 135/2012, ai sensi del quale «la decorrenza dell’esercizio delle funzioni trasferite ai sensi del comma 6 è inderogabilmente subordinata ed è contestuale all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio delle medesime».
Si tratta di una norma di cautela, che di fatto sospende ad libitum l’operatività dell’intera manovra. In termini astratti, il comma 9 è ineccepibile. Le funzioni delle province comportano ovviamente una spesa simmetrica. Non è pensabile che i comuni destinatari possano acquisirle senza i mezzi necessari a farvi fronte. Quindi, anche laddove dovesse essere adottato il provvedimento che formalmente elenchi quali funzioni transiteranno dalle province ai comuni, operativamente la traslazione non partirà se prima non si realizzano le condizioni imposte dal comma 9.
Ma qui vengono i nodi al pettine, che fin qui non si sono voluti affrontare. Un primo problema è dato dalla fissazione di criteri di riparto. Le province sono 109, i comuni oltre 8.100. Risulta facilmente comprensibile quanto difficile sia reperire un criterio convincente per frammentare da pochi a tantissimi enti le funzioni gestite. Ciò rende complicatissimo spostare il personale. I dipendenti delle province sono 56 mila, dividendoli per tutti i comuni a ciascuno in media ne arriverebbero circa 7. Un po’ poco per gestire le funzioni. Per altro, non tutti i dipendenti passeranno, perché resteranno alle province quelli addetti alle funzioni fondamentali che la spending review ha lasciato loro.
C’è, poi, il problema più rilevante, quello dei finanziamenti. È evidente che per assicurare ai comuni le entrate necessarie a svolgere le nuove funzioni, si deve modificare l’ordinamento tributario locale. La gran parte delle entrate provinciali derivano dal fondo sperimentale di riequilibrio (che sarà per altro fortissimamente tagliato) e dall’imposta sulle trascrizioni delle compravendite dei veicoli (oltre ad alcune addizionali). Per garantire ai comuni le risorse necessarie occorre modificare profondamente il sistema dei trasferimenti statali, nonché i soggetti titolari delle imposte sul gettito. L’operazione è estremamente complicata sempre perché invece di accentrare le funzioni da molti a pochi enti, le si frammenta da pochi a tantissimi.
Il rischio fondatissimo è che i comuni dovranno sopportare nuove competenze, senza nuovo personale in numero adeguato e con entrate insufficienti. Il che peggiorerebbe ulteriormente la situazione dei bilanci, già messi in crisi dal taglio a regime di 2,5 miliardi, cui se ne potrebbero aggiungere altri 7,8, come si prevede per la fase 2 della spending review.
Analoghi problemi si pongono per le funzioni conferite alle province dalle regioni, nell’ambito delle potestà legislative regionali, considerando che non tutte tali funzioni conferite dalle regioni sono totalmente finanziate da trasferimenti regionali. Al contrario, detti trasferimenti sono sempre parziali, per altro ridotti negli anni, sicché le province hanno dovuto spesso sopperire con le entrate proprie alle incombenze assegnate loro dalle regioni. L’esempio più eclatante è dato dalla gestione del trasporto scolastico per alunni disabili, che costa centinaia di migliaia di euro l’anno per singola provincia, assegnato dalle regioni senza mai aver attribuito, però, un corrispondente trasferimento. Far quadrare i conti e individuare criteri sostenibili per il passaggio di risorse e personale richiederà tempi lunghi.

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