Picconate al federalismo

Federalismo cantiere aperto. Mentre le regioni vanno a caccia di ritocchi sui costi standard, da parte delle associazioni (in particolare i proprietari di immobili) si lancia l’allarme sui rischi di un aumento della pressione fiscale.
“Abbiamo raggiunto una condivisione di tutte le regioni, anche di quelle a statuto speciale. Segnaleremo al Governo quali sono i punti critici, in testa il fatto che un processo troppo veloce porterebbe una disfunzione del processo federalista”., ha dichiarato il coordinatore della Conferenza delle Assemblee legislative regionali, Davide Boni, al termine dell’incontro che si è tenuto venerdì scorso. All’ordine del giorno, i decreti attuativi del federalismo fiscale. Le modifiche che verranno richieste riguarderanno soprattutto il modello sul processo dei costi standard. “Perché – ha spiegato Boni – se dovessi fotocopiare il costo standard della regione Lombardia su una regione come la Campania, ma anche sul Veneto, è innegabile che mi troverei immediatamente di fronte a un sistema completamente diverso. Bisogna capire – ha sottolineato Boni – qual è il punto di mediazione che dia la possibilità alle regioni che stanno più indietro di potersi avvicinare sempre più a un processo di risparmio e efficienza”. Una delegazione della Conferenza delle Assemblee legislative regionali incontrerà il Ministro per le riforme e il federalismo, Umberto Bossi, e quello per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, ha annunciato Boni,. “È un’idea che abbiamo maturato oggi – ha detto – chiederemo un incontro ai due esponenti del Governo che si stanno occupando principalmente del federalismo fiscale”.
C’è poi il versante dei proprietari di immobili. I quali sostengono che nello schema di decreto legislativo in materia di federalismo comunale dovrebbe essere introdotto il principio secondo il quale l’esercizio dell’autonomia finanziaria non può comportare, da parte di ciascun comune, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente, non essendo all’evidenza sufficiente il richiamo – contenuto nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri e in attesa di essere esaminato dalla Conferenza unificata – alla Decisione di finanza pubblica di cui alla legge 196 del 2009 in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva. A formulare la proposta, in particolare, è la Confedilizia, segnalando come tale principio sia stato già inserito nel provvedimento in materia di tributi di Regioni e Province e rilevando come non vi sia ragione per cui esso non venga stabilito anche con riferimento ai tributi comunali, tanto più che nella Dfp-Decisione di finanza pubblica (che ha sostituito il Dpef-Documento di programmazione economica e finanziaria), appena approvata dalla Camera, non compare l’indicazione relativa all’obiettivo di massima della pressione fiscale complessiva di cui s’è detto. Se non verrà posto il limite dell’invarianza anche in relazione ai tributi propri che i Comuni verranno autorizzati ad istituire, gli effetti del federalismo – sottolinea la Confedilizia – saranno ben diversi da quelli che il Governo si propone. Da strumento per realizzare compiutamente l’autonomia finanziaria dei comuni, infatti, i tributi propri in special modo si trasformerebbero in un facile salvacondotto per un aumento indiscriminato della pressione fiscale. La Confedilizia auspica pertanto, come si legge in una nota, che il principio dell’invarianza della pressione fiscale comunale costituisca un punto fermo del cosiddetto “federalismo fiscale municipale”, in tal modo consentendo ai cittadini di guardare con minore preoccupazione all’attribuzione alle amministrazioni locali di quella autonomia tributaria che i provvedimenti attuativi di questi mesi stanno realizzando. “La contrarietà (per non dire la rivolta) delle regioni contro il principio di invarianza della pressione tributaria approvato dal Consiglio dei Ministri, è illuminante ed è indicativa – dichiara il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani – dell’approccio delle autonomie locali al federalismo, che si è voluto (e le stesse hanno ottenuto) come non competitivo. Ma l’inserimento del principio dell’invarianza sia nel federalismo regionale che nel federalismo comunale permetterebbe di misurare la virtuosità delle autonomie locali, che dovrebbe realizzarsi nelle scelte dei tributi da applicare e nelle forme di imposizione. Sarebbe un recupero della competitività a livello locale, ed è proprio per questo che le regioni non vogliono saperne e che la stessa posizione avranno di certo i comuni. Ma è auspicabile che il Governo, e tutte le forze politiche che credono sinceramente nel federalismo, tengano fermo il principio dell’invarianza approvato per le Regioni e introducano lo stesso anche per i comuni, evitando che il federalismo nasca zoppo, come si avrebbe se il principio dell’invarianza dovesse valere solo per la pressione fiscale regionale”.

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