Patente, la revoca agisce dalla data della sentenza

Fonte: Il Sole 24 Ore

La prassi resta invariata fino a un eventuale bocciatura da parte della Cassazione: il periodo di “blocco” di tre anni – nel quale chi subisce la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza grave o sotto effetto di droghe non può conseguire una nuova licenza – va contato a partire dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna e non da quella in cui è avvenuta l’infrazione. Lo ha stabilito la Motorizzazione, con la circolare 29675 del 21 dicembre, che indica la volontà di non seguire la giurisprudenza contraria (di cui si è dato conto sul Sole 24 Ore dell’8 dicembre scorso).
La Motorizzazione ha deciso così perché confortata da altra giurisprudenza recente riguardo alla norma che impone il blocco (articolo 219, comma 3-ter del Codice della strada): l’ordinanza 19572/2015, emessa il 28 settembre dello scorso anno dal Tribunale di Firenze. Un provvedimento preso con motivazioni che la circolare definisce «fondate su una interpretazione strettamente giuridica della norma» e non su «circostanze di fatto (tempi del processo, ecc.)» che invece hanno pesato su altre sentenze di senso contrario.
In effetti, il comma 3-ter fa decorrere i tre anni di “blocco” dalla «data di accertamento del reato» e il Tribunale di Firenze interpreta queste parole sia in senso letterale sia in senso logico-sistematico giungendo alla conclusione che esse indichino il giorno di passaggio in giudicato della condanna.
Dal punto di vista letterale, i giudici di Firenze notano che spetta istituzionalmente al giudice accertare la sussistenza di un reato. Se ne deduce che l’accertamento effettuato dagli organi di polizia non conta a questi fini. A riprova di ciò, si cita il fatto che, se avesse voluto stabilire diversamente, la norma non avrebbe usato la parola «reato» ma «consumazione dell’illecito» o simili, legate comunque al momento in cui gli agenti verbalizzano l’accaduto e non a quando il giudice dichiara definitivamente che si è trattato di un reato.
Dal punto di vista logico-sistematico, occorre notare che l’articolo 224, comma 2 del Codice della strada lega la revoca della patente a una «condanna irrevocabile», come può essere solo col passaggio in giudicato. Sempre dall’articolo 224 emerge che la revoca viene disposta dal prefetto solo dopo tale passaggio, per cui l’imputato non potrebbe nemmeno candidarsi per gli esami necessari a ottenere una nuova patente, essendo formalmente ancora titolare della propria.
Dunque, gli uffici della Motorizzazione continueranno a respingere le domande basate su un calcolo dei tre anni che parta dalla data dell’infrazione. Faranno così – afferma la circolare – fino a quando non arriveranno decisioni contrarie dai «massimi organi giurisdizionali».
Resta il problema pratico di una revoca disposta anche dopo diversi anni dall’accaduto, dati i tempi della giustizia. Da un lato, non è detto che i divieti di guida che il Codice della strada consente di adottare in via cautelare bastino a evitare che un conducente pericoloso circoli. D’altra parte, se dopo l’infrazione l’imputato assume un comportamento ineccepibile, gli si causano pregiudizi per troppo tempo.

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