L’università non può essere affidataria di incarichi da altre p.a.

Fonte: Italia Oggi

Le università non possono essere affidatarie dirette di incarichi da altre amministrazioni per servizi di ingegneria e consulenza; gli accordi previsti dalla legge 241/90 non possono essere utilizzati per eludere l’obbligo di affidare a terzi con gara servizi di consulenza; se infatti l’accordo non ha ad oggetto lo svolgimento di una attività comune alle amministrazioni e prevede un compenso, si tratta di un contratto di appalto soggetto a gara e i professionisti e le società devono potere competere per l’acquisizione del contratto.
Sono queste le conclusioni che l’Avvocato generale Verica Trstenjak ha proposto ieri alla Corte di giustizia per la decisione della causa C 159/11 che vede come parti in causa da un lato l’Azienda sanitaria locale di Lecce e dall’altro lato l’Oice, l’Ordine degli ingegneri della Provincia di Lecce e il Consiglio nazionale degli ingegneri. La vicenda prende le mosse da un affidamento, per importo soggetto alla normativa comunitaria, dei servizi di studio e valutazione della vulnerabilità sismica di strutture ospedaliere, disposto dalla Asl Lecce a favore dell’Università del Salento. Dopo la sentenza di primo grado del Tar Puglia, che aveva dichiarato illegittimo l’affidamento diretto dell’incarico all’università, per omesso ricorso alle procedure di evidenza pubblica, il Consiglio di stato aveva rimesso la questione alla Corte di giustizia in via pregiudiziale. Si trattava di stabilire se l’affidamento potesse ritenersi legittimo e inquadrabile in un accordo ex articolo 15 della legge 241/90 e se quindi fosse necessario esperire una gara. In attesa della sentenza della Corte, l’Avvocato generale nelle sue conclusioni si orienta nel senso di ritenere illegittimo l’affidamento in quanto l’accordo non costituisce una forma di cooperazione in comune di attività fra due amministrazioni aggiudicatrici (così come prevede la legge 241/90), bensì un vero e proprio contratto di consulenza per servizi a fronte del pagamento di un compenso per il quale occorreva procedere con gara, ammettendo tutti gli operatori economici interessati ad acquisire la commessa. Pertanto l’Avvocato generale ritiene contrario alle direttive appalti pubblici «una disciplina nazionale che consente di stipulare accordi scritti tra un’amministrazione aggiudicatrice e un’Università di diritto pubblico verso un corrispettivo non superiore ai costi sostenuti per l’esecuzione della prestazione, ove l’Università esecutrice possa rivestire la qualità di operatore economico». In sostanza l’Avvocato generale, riconoscendo all’Università la qualità di operatore economico, sulla base della sentenza C-305/08 del 23 dicembre 2009, afferma indirettamente che in tale qualità non avrebbe potuto sottoscrivere un accordo ma poteva semmai partecipare a una gara, con gli altri operatori, per l’aggiudicazione dell’appalto. In ogni caso, poi, l’accordo non corrisponde ai requisiti previsti dalla legge, anche ribaditi dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, e in particolare non prevede né alcuna attività in comune, né l’assenza di corrispettivi (sono invece ammessi i meri rimborsi spese).

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