L’Italia nel mirino Ue

Italia nel mirino della Commissione europea. E questa volta anche le amministrazioni locali ne vanno di mezzo. La Commissione europea ha deciso di inviare all’Italia “una lettera di costituzione in mora in quanto, a tre anni dalla sentenza di condanna emessa dalla Corte di giustizia dell’Ue, il piano programmatico per la gestione dei rifiuti nel Lazio, non è ancora conforme alla legislazione europea”. Si tratta della prima fase di una nuova procedura d’infrazione al Trattato Ue ma, precisa Bruxelles, “qualora le autorità italiane non intraprendessero le azioni necessarie, la Commissione potrà decidere di adire di nuovo la Corte e chiedere che l’Italia sia condannata a sanzioni pecuniarie”. “I cittadini europei – ha commentato il commissario Ue all’ambiente Janez Potocnik – hanno diritto a vivere in un ambiente pulito e sano e pertanto sollecito l’Italia a garantire l’approvazione di una normativa efficace per quanto riguarda i rifiuti su tutto il territorio.”
Ma non finisce qui. La Commissione ha infatti deciso di inviare all’Italia un altro avvertimento scritto chiedendole “di non applicare nei trasporti marittimi tasse portuali
discriminatorie”. Con l’invio di un cosiddetto “parere motivato” da parte di Bruxelles, sale ad una marcia superiore la procedura d’infrazione che l’Esecutivo aveva già aperto nei confronti dell’Italia sulla normativa italiana relativa alle tasse portuali. Bruxelles, in particolare, sostiene che attualmente “la normativa italiana si traduce in tasse portuali maggiorate sui traffici internazionali con ripercussioni sui costi per il consumatore”. Chiede quindi all’Italia “di modificare la propria normativa per garantire che le tasse  richieste per le navi dirette o provenienti da porti non italiani, non siano superiori a quelle applicate alle navi dirette o provenienti da porti italiani”. Per la Commissione europea quindi, le regole in vigore in Italia “violano la legislazione europea in materia di liberalizzazione dei trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi, in base al regolamento Ue del 1986”. Se l’Italia – mette in guardia Bruxelles – non adempie alla richiesta entro due mesi, la Commissione può adire la Corte di giustizia dell’Ue”.
Ci spostiamo per finire in Friuli Venezia Giulia. “A Trieste, le autorità della provincia non hanno fornito al pubblico informazioni sufficienti in merito alle misure di sicurezza e al comportamento da tenere in caso di incidenti industriali”, afferma la Commissione europea annunciando l’invio di un parere motivato all’Italia, che rappresenta la seconda fase della procedura d’infrazione già aperta per ottenere una corretta applicazione su tutto il territorio della legislazione europea sui grandi rischi industriali, la cosiddetta direttiva Seveso II. L’Italia dispone “di due mesi per rispondere al parere motivato nell’ambito del procedimento d’infrazione, in caso contrario la Commissione potrà deferire il caso alla Corte europea di giustizia”. Il commissario Potocnik, ha tenuto a sottolineare: “L’adeguata diffusione delle informazioni presso il pubblico è una prescrizione essenziale della direttiva, in quanto può avere un ruolo fondamentale per ridurre le conseguenze di eventuali incidenti industriali”.

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