Libretto unico ma non per tutti

Fonte: Il Sole 24 Ore

Lo Stato ha semplificato. E ha varato un modello unico che permette – a chi in casa ha più impianti per il riscaldamento e/o per il raffrescamento – di compilare un solo documento per tutti, completo di diverse schede. Alcune Regioni, però, hanno introdotto regole locali: con il risultato che, a un anno e mezzo dalla norma statale (Dm 10 febbraio 2014 in applicazione del Dpr 74/2013), c’è chi ha una modulistica diversa da quella nazionale e chi di libretti continua a chiederne uno per ogni apparato presente nel fabbricato.
Da un lato ci sono 15 tra Regioni e province autonome che hanno deciso di attenersi alla normativa nazionale sul libretto unico. Dall’altro, ci sono le eccezioni che vanno dall’Emilia Romagna al Piemonte, dal Veneto alla Lombardia. Fino all’estremo della Provincia di Bolzano che, nei mesi scorsi, ha fatto circolare un documento d’intenti dove viene messa in discussione l’esistenza stessa del libretto, considerato “inutile”, perché in Alto Adige esiste una disciplina locale sulla sicurezza degli impianti (Lp 18/1992).
In questo caso, la complessità delle discipline locali ricade direttamente anche sull’utente finale, e non solo su tecnici e installatori. Perché – stando al Dpr 74/2013 – l’obbligo di predisporre il libretto d’impianto, compilandolo secondo i nuovi modelli, spetta al proprietario di un alloggio o all’inquilino (anche quando ha ereditato la gestione di un impianto esistente) o all’amministratore per una caldaia centralizzata condominiale. 
Per questo, tocca al cittadino sapere che in Emilia Romagna occorre compilare un libretto per ogni impianto presente in casa (ma con una serie di distinguo sulle potenze, che costringono anche chi non è esperto a confrontarsi con una norma davvero complessa). E ancora, tenere conto, come spiega Giovanni Maj della società di formazione e-training «che nel libretto emiliano bisogna indicare obbligatoriamente anche il numero dell’attestato di prestazione energetica e i codici Pdr (o punto di riconsegna) e Pod (o point of delivery). Sono codici, rinvenibili in bolletta, che vengono assegnati a ciascuna utenza rispettivamente dai distributori di gas in rete e dalla aziende di fornitura di energia elettrica». 
Stessa situazione in Veneto (dove non è richiesto però il Pod) e in Lombardia: qui per gli impianti sotto i 5 kW si segue la regola nazionale (nessun libretto) e così anche per i condizionatori sotto i 12 kW (al contrario di ciò che accade nel resto d’Italia). E dove, anziché indicare Pdr e Pod, bisogna invece ricopiare il codice di targatura rilasciato dall’installatore o dal manutentore al momento del controllo dell’apparato (nel caso non sia ancora assegnato, viene apposto dopo la prima verifica dei fumi). Al contrario, in Piemonte, oltre ad Ape, Pod e Pdr, è richiesta anche la misurazione dei valori di emissione degli ossidi di azoto, i cosiddetti NOx. «Una prassi – prosegue Maj – non prevista dalla norma in materia, peraltro recentemente aggiornata con le Uni 10389-1 del 2009 e che comporta l’utilizzo di strumenti più sofisticati da parte dei tecnici manutentori. Con l’aggravante che, laddove si trovino valori di NOx superiori ai limiti imposti nella sola regione Piemonte, non resta che sostituire l’apparecchio visto che non è possibile intervenire sul generatore di calore per ricondurre gli inquinanti sotto le soglie stabilite».
Tutto, infine, si riflette nella pratica. Poniamo il caso di una casa con un impianto composto da caldaia a gas con produzione di acqua calda sanitaria (sotto i 35 kW); sistema di condizionamento domestico (dual) split da 2 kW; caldaia a pellet da 16 kW. Secondo la norma nazionale, il libretto è unico, con una scheda per ciascuno dei tre sistemi. Ma in Lombardia, dovranno essere predisposti due libretti (perché per i condizionatori sotto una certa potenza non è richiesto il libretto) mentre in Emilia Romagna e Veneto i libretti dovranno essere tre.

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