L’energy manager taglia la bolletta (ma nella Pa spesso non è nominato)

Fonte: Il Sole 24 Ore

Ultimi giorni per nominare l’energy manager, il tecnico che fa risparmiare soldi all’azienda e risorse energetiche al Paese, promuovendo l’uso razionale dell’energia. La scadenza per la nomina è dopodomani, 30 aprile, e va fatta in base alle nuove regole emanate in dicembre.

Gli energy manager in Italia sarebbero quasi tremila, fra quelli obbligatori per legge, quelli volontari (nelle imprese che se ne dotano pur non avendone l’obbligo) e i “responsabili di sito”. Riguardo ai primi, la nomina è prevista dalla legge 10/91 per i soggetti pubblici e privati con consumi energetici elevati, superiori ai 10mila tep all’anno per il settore industriale e oltre i mille per gli altri settori (il tep, ovvero tonnellata equivalente di petrolio, è un’unità di misura convenzionale).

Il numero degli energy manager, però, è solo stimato dalla Fire (la Federazione per l’uso razionale dell’energia), che rendiconta al ministero dello Sviluppo economico (ai fini dell’accesso ai benefici di legge) quelli “obbligatori” nominati nei termini di legge (entro il 30 aprile di ogni anno, appunto, perché il nome va sempre confermato).

Spesso la nomina viene fatta in ritardo, con effetti negativi sul conseguimento di benefici e incentivi. Il maggior livello di negligenza si riscontra nelle amministrazioni pubbliche (Comuni, ospedali etc.), che non solo spesso arrivano in ritardo con la nomina, ma ancora più frequentemente non rispettano l’obbligo di legge. Non ci sono dati precisi su questa “pigrizia” del sistema pubblico, ma stime ragionevoli fanno pensare che quattro amministrazioni pubbliche su cinque non abbiano l’energy manager. Un vero spreco. Anche perché chi procede alla nomina può partecipare direttamente al meccanismo dei titoli di efficienza energetica, ottenendo – a fronte della realizzazione di interventi di efficientamento energetico – certificati rivendibili sull’apposito mercato del Gme (Gestore dei mercati energetici).

Il numero crescente di manager dell’energia del segmento “volontario” dimostra che chi si dota di questa figura ci guadagna, tagliando la bolletta energetica in modo spesso rilevante.
Nel segmento “obbligatorio”, nel 2014 la Fire ha censito 1.532 energy manager nominati nei termini di legge, di cui oltre un terzo nell’industria. Circa 500 i responsabili di sito, cioè gli addetti all’efficienza energetica di un singolo stabilimento di un gruppo industriale oppure di un’area geografica (come per le banche o le società telefoniche, distribuite in modo capillare).

Guardando al numero di energy manager “obbligatori” nelle regioni, è in testa la Lombardia, con 418 nominati, seguita dalle cinque regioni (Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Lazio e Toscana) con più di 100 energy manager l’una. Sotto la soglia delle cento unità le altre regioni.

«La figura dell’energy manager è fondamentale per poter attuare programmi di efficientamento energetico aziendale — osserva Dario Di Santo, direttore della Fire — e purtroppo molte aziende non hanno ancora compreso questa opportunità».

I tempi sono importanti. Oltre alla scadenza del 30 aprile per nominare l’energy manager, c’è l’obbligo di realizzare diagnosi energetiche per le grandi imprese e i consumatori energivori entro il 5 dicembre del 2015 (e poi ogni quattro anni). L’energy manager poi può certificarsi “esperto in gestione dell’energia”:?la figura sarà obbligatoria dal luglio 2016 per accedere direttamente ai certificati bianchi ed effettuare diagnosi energetiche in proprio nelle grandi imprese. Secondo i dati aggiornati a inizio aprile, sono 481 gli esperti certificati Accredia, 221 quelli certificati secondo lo standard Secem Fire. Inoltre la Fire organizza il premio Certificati bianchi, per segnalare le migliori pratiche italiane. Il bando 2015 si chiude a fine giugno. 
Ma chi è davvero l’energy manager? Di solito è un ingegnere, meglio se dirigente dell’azienda, con competenze gestionali. Come tecnico, può impostare azioni vincenti di risparmio energetico; come dirigente, può incidere con maggiore efficacia sulle scelte aziendali che implicano consumi energetici. Corsi di formazione vengono organizzati da enti istituzionali (come l’Enea, l’agenzia nazionale per l’energia, proprio in collaborazione con la Fire), dalle università e dalle maggiori business school italiane.

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