Le partecipate non falliscono

Fonte: Il Sole 24 Ore

Le società partecipate strumentali degli enti pubblici non possono fallire perché mancanti del presupposto soggettivo previsto dall’art. 1 della legge fallimentare. Non è qualificabile quale imprenditore commerciale (o industriale), infatti, la società istituita sotto forma di impresa di diritto privatistico che tuttavia è unicamente destinata al servizio dell’interesse pubblico dell’ente locale che l’ha finanziata in via esclusiva o prevalente. Lo ha stabilito il tribunale di Palermo con un decreto dell’8 gennaio 2013. Il tribunale siciliano ha infatti stabilito che «la mancanza della natura di imprenditore commerciale esclude che» la società partecipata in via esclusiva dal comune di Palermo «possa rientrare tra i soggetti fallibili ai sensi dell’art. 1, comma 1, l.f. e, dunque, anche tra i soggetti sottoponibili ad amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 2 dlgs 270/1999», ovvero all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Il decreto, infatti, specifica che qualora un ente locale costituisca una società per azioni non è di per se sufficiente a escludere la natura di istituzione pubblica, dovendo procedersi a una valutazione in concreto, caso per caso, sicché la natura d’istituzione pubblica è configurabile allorché la detta società le cui azioni siano possedute prevalentemente, se non esclusivamente, da un ente pubblico, costituisca lo strumento per la gestione di servizio pubblico e, quindi faccia parte di una nozione allargata di pubblica amministrazione (così anche Cass. S.u. n. 90096/2005).

Al fine di escludere o ritenere fallibile un ente costituito sotto la veste di società di diritto privatistico, potendo il problema essere affrontato sotto il profilo della qualificazione o meno della stessa quale imprenditore commerciale, occorre essenzialmente identificare se esistono le condizioni necessarie per ritenere che la società in mano pubblica svolga un’attività commerciale, rilevando a questo fine l’oggetto e la modalità con cui la stessa è espletata.

Il caso sottoposto al tribunale di Palermo riguarda la Gesip Palermo spa, in liquidazione da oltre tre anni, alla quale erano stati delegati i servizi di pulizia e manutenzione delle aree verdi del comune di Palermo e di altri servizi pubblici. La società che con il tempo aveva assunto oltre 1.800 dipendenti, in evidente stato di crisi e ora di insolvenza, si era determinata, anche in relazione ad una delibera assunta dal socio unico, a presentare istanza di auto fallimento alla fine di dicembre 2012.

Il tribunale di Palermo, con una provvedimento di approfondimento dell’istruttoria pre fallimentare, ha dapprima convocato anche il ministero dello sviluppo economico per l’eventuale avvio della procedura di amministrazione straordinaria ex dlgs 270/99 e infine ha escluso la fallibilità della società per azioni, in quanto società affidataria di servizi pubblici in house.

Il rigetto dell’istanza rende ora chiara la situazione di responsabilità dell’ente locale socio unico della società per azioni, la quale è stata sottoposta anche alla direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c. Ancorché non sussistano i presupposti per il consolidamento del bilancio della società partecipata nel bilancio dell’ente locale, i debiti della società insolvente dovranno essere soddisfatti dall’ente pubblico locale, che dovrà valutare come deliberare la copertura dei debiti della società in house, con il rischio di ulteriormente aggravare il già precario bilancio del comune di Palermo, che ora rischia seriamente il default.

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