La ricetta delle Cdp per l’exit strategy nelle grandi opere

Fonte: Il Sole 24 Ore

VENEZIA – In un’Europa che stenta a individuare una exit strategy dalla crisi in grado di produrre effetti concreti uscendo da una logica dettata in gran parte dall’emergenza, una delle strade da percorrere nel-l’immediato, senza effetti sul debito pubblico, è quella di spingere il pedale sugli investimenti in infrastrutture, in ricerca e innovazione ma anche nel campo delle energie sostenibili e della «green economy». Una sfida “keynesiana” che vale la pena di lanciare ai governi europei, alle prese con la faticosa riscrittura del patto di stabilità e di crescita. La proposta che emerge dalla terza conferenza internazionale del club dei «long term investors», organizzata all’isola di San Clemente dalla Cassa depositi e prestiti parte da un assunto: gli investimenti strategici in infrastrutture, energie rinnovabili, telecomunicazioni, innovazione tecnologica e capitale umano giocheranno un ruolo chiave per centrare gli obiettivi della nuova agenda europea 2020. Un’azione integrata che attraverso interventi mirati condotti sotto la regia della Bei e delle tre più importanti casse di deposito europee (italiana, francese e tedesca) conduca ad adeguare standard contabili, principi prudenziali, incentivi fiscali e regole per il project financing proprio agli orizzonti degli investimenti a lungo termine. I margini di manovra, dal lato dei bilanci pubblici, si confermano del resto esigui. Ecco perchè occorre puntare su nuove leve strategiche di impulso alla domanda per investimenti, che possono godere del non trascurabile beneficio di non rientrare nel perimetro delle amministrazioni pubbliche per quel che riguarda l’impatto sui conti pubblici. Il debito pubblico nell’Unione europea ha raggiunto l’80% del Pil e crescerà ancora nei prossimi anni. È l’effetto evidente degli interventi messi in campo per sostenere il sistema bancario e l’economia reale nel corso del 2009. Con gli attuali bassi livelli di crescita – ha sostenuto il presidente della Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini – appare ben difficile ridurre il debito e individuare al tempo stesso le risorse per sostenere l’economia del vecchio continente. «Una strada per promuovere la crescita è incrementare il livello dell’investimento a lungo termine», sul modello del «Fondo Margherita». Esperimento «che potrebbe essere replicato per altri settori previsti dall’agenda di Lisbona». Del resto – osserva Gian-Maria Milesi Ferretti, «assistent director» del Fmi – già a novembre del 2009 si aveva la chiara percezione del rischio Grecia ma gli spread non si sono mossi. «È invece accaduto tra aprile e maggio 2010 dopo mesi di incertezze e mancate risposte a livello europeo». Ora il problema è uno solo: accrescere la produttività in tutto il continente e in Italia in particolare. Le evidenze a livello di analisi economica – aggiunge Joseph Zeira, professore di economia alla Hebrew University di Gerusalemme e alla Luiss – mostrano la «fortissima correlazione tra lo sviluppo delle tecnologie e l’investimento a lungo termine». Tesi condivisa da Giovanni Dosi, docente di economia alla Scuola superiore di Sant’Anna di Pisa: «L’innovazione tecnologica è un driver fondamentale, al pari dell’investimento in ricerca e innovazione». Il sostegno alle start up è decisivo, come mostra l’esperienza degli Stati Uniti, dove «il 60% dell’intervento in venture capital a sostegno delle piccole e medie imprese è pubblico».

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