La manovra strangola le province

Fonte: Italia Oggi

Adesso lo dice anche la Corte dei conti. La legge di stabilità 2015, con il taglio di un miliardo di euro a carico delle province, non è coerente con le previsioni della legge Delrio che, a sua volta, «sta incontrando ritardi e difficoltà nella fase attuativa». Tutto ciò realizza «un graduale, e pressoché diffuso, deterioramento della finanza provinciale», perché gli enti intermedi, in attesa di allegerirsi delle funzioni che passeranno alle regioni, sono costretti a fare quello che facevano prima con molte meno risorse. A rilevarlo è la sezione autonomie della Corte dei conti che con una delibera del 30 aprile, diffusa ieri (n. 17), ha analizzato «aspetti ordinamentali e riflessi finanziari» della legge n. 56/2014. I maggiori problemi riguardano la spesa per il personale, gonfiata dai dipendenti in sovrannumero che, ai sensi della legge, avrebbero dovuto trasferirsi e che invece sono ancora a libro paga provinciale. Una «anomalia», osserva la Corte, «che sarà rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno 2015, con effetti sugli esercizi futuri». I giudici contabili auspicano dunque «un riallineamento» tra il trasferimento delle funzioni e il taglio delle risorse in modo da garantire non solo la corretta attuazione della legge Delrio, ma soprattutto la «regolarità amministrativo-contabile degli enti». Le province mantengono il record dei dirigenti più pagati: 97.444 euro in media, a fronte degli 89.748 euro dei dirigenti regionali e degli 85 mila euro di quelli comunali. I dipendenti più ricchi sono invece quelli delle regioni (34.870 euro di media, a fronte dei 27.922 dei comuni e 28.156 delle province). A dare i numeri è la stessa sezione autonomie in un’altra delibera del 30 aprile (n.16) che passa al setaccio la spesa per il personale degli enti territoriali. Il report evidenzia un calo della spesa del 5,5% nei comuni e del 7,5% nelle province. Non così nelle regioni, dove i costi del personale sono lievitati dell’1,39% nonostante i blocchi stipendiali nel pubblico impiego. Un dato da attribuire alla «reiterata prassi di ripartire le risorse del trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti in servizio».

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