Incarichi a contratto: come sono utilizzati dalle amministrazioni

di LUIGI OLIVERI

Ogni giorno di più si conferma quanto mostruoso sia, sul piano giuridico, la fattispecie degli incarichi a contratto.
Le magistrature superiori letteralmente ciurlano nel manico, configurando questi incarichi come “fiduciari” o meno senza alcun criterio discretivo univoco, mentre le amministrazioni ne abusano sempre di più, considerando uno strumento eccezionale quale dovrebbe essere l’articolo 110, comma 1, del d.lgs. 267/2000 una modalità ordinaria di copertura dei fabbisogni.
Solo il Tribunale di Pavia in qualità di giudice del lavoro interviene gettando una luce importantissima, svelando ciò che è ovvio: gli incarichi a contratto non possono essere assegnati a chi disponga del solo requisito dell’anzianità in una qualifica per l’accesso alla dirigenza.
Ma, andiamo con ordine. Il Consiglio di Stato, con sentenza della Sezione V, 29 maggio 2017, n. 2526, conferma l’assunto, più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, che la giurisdizione sulle procedure selettive finalizzate all’assegnazione degli incarichi a contratto è del giudice ordinario.

La fiduciarietà degli incarichi a contratto

Argomentando in merito a tale decisione, Palazzo Spada ribadisce che, tra le ragioni principali, emerge quella della “fiduciarietà” degli incarichi a contratto. Leggiamo: “Con recente sentenza, dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, questa Sezione, giudicando su una controversia relativa ad una procedura bandita dopo le modifiche all’art. 110 comma 1, del D. Lgs n. 267 del 2000, apportate dall’art. 11, comma 1, lett. a), più sopra citato, ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia di che trattasi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4/4/2017, n. 1549).
Non resta, pertanto, che riprenderne le motivazioni.

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