In Sicilia i nuovi villaggi costieri autocertificati prima del 1976

Fonte: Il Sole 24 Ore

Ci sono posti, in Sicilia, dove le vie non hanno nome. Si chiamano Via 1, Via 2, Via 3. Non possono avere toponomastica perché sono vie di villaggi che, per legge, non potrebbero esistere. Tre Fontane, frazione di Campobello di Mazara (Comune appena sciolto per mafia) e Triscina, frazione balneare di Castelvetrano, sono, nel Trapanese, due esempi. L’abusivismo edilizio sulla costa, nonostante il divieto di costruzione entro i 150 metri dal mare, dagli anni Ottanta è cresciuto talmente da creare vere e proprie città. Di ville fantasma che non risultano al catasto.
L’abusivismo balneare colpisce anche un’area “insospettabile” come il Ragusano: la Procura ha aperto un’indagine conoscitiva sulle frazioni di Santa Croce Camerina. Tra cui Punta Secca, nota per la casa in cui è ambientata la versione tv del Commissario Montalbano.
La sola Ici evasa nel capoluogo, Trapani, è di circa 80 milioni di euro. A Triscina, a due passi dai templi greci di Selinunte, le case abusive sono circa 1.500, più le 3.500 che hanno presentato domanda di concessione in sanatoria con la legge Galasso.
In Sicilia è la legge regionale 78 del 1976 che stabilisce che le case costruite entro i 150 metri dalla costa sono totalmente insanabili. Ad oggi sono circa 250mila, tutte costruite dopo (quelle precedenti hanno potuto usufruire della sanatoria): lo hanno dimostrato alcune aerofotogrammetrie di inizio anni Ottanta, riemerse di recente dagli archivi regionali.
Il problema non è solo di ambiente, ma anche e soprattutto politico e di ordine pubblico. Non è un caso che l’Assemblea regionale siciliana sia stata più volte tentata, negli ultimi anni, di approvare una sorta di condono tombale, facendolo passare come «riordino delle coste». L’ultimo disegno di legge, tuttavia, si è arenato in commissione Territorio e ambiente a inizio anno, vittima dei veti incrociati tra i vari partiti della maggioranza.
La legge, tra l’altro, parla chiaro. Le case abusive vanno demolite. Solo che nessun Comune finora l’ha fatto. Ci si è portati un po’ avanti a Marsala, estrema punta occidentale della Sicilia, abbattendo le prime case: 10 di una prima lista di 23, per le quali il Comune aveva bandito un’apposita gara d’appalto. Ma ora le ruspe sono ferme: sono finiti i soldi. A Marsala le case abusive sono, secondo l’ufficio tecnico comunale, circa 5.200, di cui 509 da abbattere. Perle altre sono in corso valutazioni.
I 509 immobili da abbattere sono stati già sottratti ai proprietari (il Comune ne ha chiesto le chiavi), che però continuano a viverci. Durante il primo tentativo di abbattimento di un immobile (in verità, un rudere) abusivo, il 19 settembre dello scorso anno, in città è successo di tutto. Il comitato «Salviamo le nostre case», che ha referenti in tutti i partiti, è riuscito non solo a bloccare le demolizioni, nonostante l’intervento dei poliziotti in assetto antisommossa, ma ad incontrare, il pomeriggio stesso, il governatore Raffaele Lombardo. Alla fine dell’incontro, Lombardo ha scritto una lettera al sindaco, Renzo Carini, invitandolo a desistere. «Non posso non applicare la legge», gli rispose, meravigliato, il sindaco.

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