I piani casa inseguono termini più ampi e regole meno severe

Fonte: Il Sole 24 Ore

Tre modi diversi di declinare il piano casa. Ci sono regioni (poche) in cui il numero di domande si è mosso dallo zero assoluto registrato in quasi tutti gli altri territori: è quello che accade in Veneto e Sardegna. Ci sono altre regioni in cui il termine per la presentazione dei progetti è ormai scaduto (Emilia Romagna) o in vista della scadenza (Lombardia, Campania, Veneto e Sardegna, dove sono allo studio proroghe). E ci sono regioni, infine, in cui c’è ancora tempo per intervenire e in cui il cantiere legislativo è ancora in pieno fermento, tra correzioni e tentativi di rilancio (in Piemonte, Valle d’Aosta e Molise). Non va poi dimenticato che in Valle d’Aosta, in Alto Adige e – in parte – in Trentino e in Umbria, le norme varate non sono affatto eccezionali o transitorie, ma stabili, tanto che i loro effetti sul lungo periodo sono ancora da scoprire. Nell’infittirsi delle modifiche, talora su dettagli, talaltra su questioni importanti, spicca per complessità e per data recente quella portata dalla legge 2 marzo 2011, n. 2, in Piemonte, che ha completamente riscritto le regole e ha dilazionato, da fine 2011 a fine 2012, del termine di presentazione delle domande (ma, di fatto i lavori possono iniziare entro i tre anni successivi). Come conseguenza i comuni possono – entro il 18 maggio 2011 – sia stabilire zone escluse nel loro territorio sia vietare in tutto o in parte del territorio comunale le demolizioni e ricostruzioni. Gli ampliamenti volumetrici restano consentiti per il residenziale solo in edifici uni e bi-familiari. È possibile la chiusura di loggiati e porticati in fabbricati con tipologia costruttiva a schiera, previa presentazione di un unico progetto per tutti. Meno limiti all’incremento, che vede come solo tetto un massimo di 1.200 metri cubi totali a intervento compiuto (grosso modo quasi 400 metri quadrati). Gli altri limiti prima previsti (+20% del volume, con incremento massimo di 200 metri cubi) valgono ora solo per gli immobili che erano stati già “allargati” in applicazione di deroghe consentite dagli strumenti urbanistici, o comunque in aggiunta alle deroghe già esistenti: quindi si possono sommare i volumi consentiti dalla nuova legge a quelli permessi da norme precedenti. Viene ribadita la vecchia disposizione che consente la sopraelevazione di un piano, con il criterio di rispettare però l’indice di permeabilità dei suoli. Si addolciscono i requisiti di risparmio energetico da rispettare. Prima si trattava di ridurre di almeno il 40% il fabbisogno di energia primaria dell’unità edilizia complessiva. Ora invece occorre rispettare solo certe trasmittanze termiche (0,25 per i muri, 0,23 per i pavimenti, 1,7 per le finestre, espresse in W/m2K), esclusivamente per la parte ampliata. Inoltre è agevolata anche la realizzazione di nuove unità abitative, pur nel rispetto delle distanze legali e di quelle dalle strade: in tal caso occorre però rispettare gli standard a parcheggio (1 metro quadro ogni 10 metri cubi di costruzione). Più limitati i cambiamenti per le demolizioni e ricostruzioni. Invariato il tetto del 25% in più e non mutano i requisiti di risparmio energetico (valore 1,5 del Protocollo Itaca Sintetico 2009). Si possono però realizzare le opere anche su particelle catastali contigue. Resta la necessità degli standard a parcheggio, ma se non è possibile reperire lo spazio si può monetizzarne la mancanza. Il piano casa viene infine ampliato non solo agli edifici artigianali e produttivi, ma anche a quelli direzionali e turistico-ricettivi (questi ultimi erano stato “espulsi” da una precedente modifica). In tutti sono possibili sia ampliamenti che demolizioni e ricostruzioni con il tetto del 20% di superficie, con incremento massimo di 2.000 metri quadrati (che scendono a 1.500 per gli immobili turistici). Nei fabbricati produttivi e direzionali è possibile creare soppalchi interni con aumento fino al 30% della superficie, in quelli turistici recuperare i sottotetti secondo le stesse deroghe per le altezze minime dei locali consentite, per le abitazioni, dalla legge regionale n. 21/1998. I cambi d’uso sono possibili, ma solo se previsti dagli strumenti urbanistici e l’uso residenziale, negli edifici direzionali e turistici, deve restare prevalente. Modificata anche la legge sul recupero dei sottotetti: diviene possibile negli edifici ultimati entro il 31 dicembre 2010 (e non più entro il 31 dicembre 2008).

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