I comuni stringono la cinghia

Fonte: Italia Oggi

Autonomia fiscale e contenimento della spesa si espandono negli enti locali: nel 2011, infatti, il numero dei comuni che ha fatto ricorso all’addizionale Irpef è salito all’80% (dal 77% dell’anno precedente), mentre nelle province le uscite correnti sono calate dell’1,6% e quelle per investimenti del 9,2%, segnale quest’ultimo di una pericolosa contrazione delle risorse. In controtendenza le regioni e le province autonome, dove la spesa corrente è cresciuta del 4,8% rispetto al 2010, sfiorando i 150 miliardi di euro. A rilevarlo la Corte dei conti, il cui presidente Luigi Giampaolino (nella foto) ha inaugurato ieri a Roma l’anno giudiziario, alla presenza del capo dello stato Giorgio Napolitano. Secondo la magistratura contabile, le amministrazioni locali si impegnano nel contenimento dei costi: in totale hanno registrato un innalzamento dei pagamenti dell’1,9% edè «incoraggiante» soprattutto il risultato degli enti con oltre 250 mila abitanti che hanno tagliato la spesa corrente del 5%. C’è, tuttavia, un altro lato della medaglia, commenta il presidente dell’Anci Graziano Delrio, perché se «le città hanno dato un contributo importante al miglioramento dei saldi di finanza pubblica, tutto ciò è avvenuto a discapito delle comunità», ossia «sono state fatte meno scuole, meno strade, meno asili e, ovviamente, meno manutenzioni». E se ormai 8 comuni su 10 in Italia hanno deciso di ricorrere all’imposta sul reddito delle persone fisiche, la Corte segnala che non si tratta di «un incremento generalizzato nel livello delle aliquote», bensì di «un utilizzo selettivo della leva fiscale. A crescere, infatti, è il numero degli enti che prevedono sistemi di esenzione per le fasce» di contribuenti con entrate più basse, con un passaggio dal 13 al 15%. Nella Penisola, intanto, l’evasione fiscale sull’Iva supera il 36% («vanno ritenute attendibili le stime che quantificano in 100-120 miliardi» le imposte non versate), uno dei valori più elevati tra i grandi paesi europei, con eccezione della Spagna; il contrasto a questo fenomeno, attualmente svolto più con azioni di recupero che non grazie agli accertamenti, è «sacrosanto» per Giampaolino, così come la lotta agli sprechi di denaro pubblico, poiché «bisogna dare conto di quanto viene prelevato ai cittadini».Alla vigilia del ventennale di Tangentopoli (il 17 febbraio 1992 fu arrestato a Milano l’ex presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa con l’accusa di concussione, ndr), la Corte sottolinea come nel paese imperversino «illegalità, corruzione e malaffare» le cui dimensioni, «presumibilmente, sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce»; il panorama attuale vede, infatti, «una ben triste teoria di casi e vicende» ed «episodi ricorrenti di gestione delle risorse pubbliche inadeguata, perché inefficace, inefficiente, diseconomica». Ricordando lo stallo del disegno di legge anticorruzione in parlamento (proprio ieri il ministro della giustizia Paola Severino ha chiesto un rinvio di 15 giorni per approfondire il testo, all’esame delle commissioni affari costituzionali e giustizia della camera), il numero uno dei magistrati contabili sostiene, interpellato su «Mani pulite», che la «sconfitta è non aver fatto una riforma della pubblica amministrazione», visto che l’approccio «è sempre stato penalistico, con interventi episodici», che «una volta finiti, non lasciano nulla di costruttivo». E, s’inserisce il procuratore generale aggiunto Maria Teresa Arganelli, incarichi e consulenze rimangono una spina nel fianco della p.a. con «casi macroscopici» in cui si perseguono «obiettivi personalistici cui è estraneo l’interesse» collettivo, nonostante leggi e sentenze. Appare, infine, necessaria la diffusione negli apparati statali della cultura della legalità, però la Corte considera già «rilevante» la disciplina che «prevede la sanzione della incandidabilità per amministratori e revisori dei conti di enti locali che, con loro ripetuti e accertati comportamenti produttivi di danno, abbiano causato il dissesto dell’ente» stesso.

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